5 cose che tutti abbiamo in casa e di cui ci vergognamo - Hydrogen Code
marzo 22, 2018

 

Fuori, a contatto con gli altri, siamo tutti belli, bravi, intelligenti. Ci facciamo i selfie con i filtri, facciamo gli influencer, seguiamo la moda e ci comportiamo da professionisti. Ma non c’è nulla come casa nostra per tirare fuori il peggio di noi.

 

Spesso non ci sforziamo nemmeno di nasconderlo, anzi: è proprio lì in bella mostra, sotto forma di oggetti ai quali non facciamo caso. Fino a quando un amico, un parente, un ospite ce lo fanno notare. Solo allora ci rendiamo conto che siamo a un passo dal centrino sopra la TV…


Il calzascarpe con la manina

“Sembra uscito da un brutto film di stregoni Voodoo”

 

La bachelite è stata una delle grandi invenzioni dell’era moderna, e c’è stato un tempo in cui si usava per qualsiasi cosa. Un successo così grande che la bachelite è stata imitata per lungo tempo, anche dopo essere stata sostituita da materiali migliori. Anche quando l’ultima persona sulla faccia della terra ha smesso di sentirne il bisogno. Come nel caso del calzascarpe con la manina, un oggetto così indimenticabile e terribile che non ci sarebbe nemmeno bisogno della fotografia.

Come il grande squalo bianco, il predatore perfetto, il calzascarpe con la manina ha smesso di evolversi nel Miocene, e da allora è stato prodotto in modo sempre uguale: prima in corno o avorio e bambù, poi in bachelite e bambù, poi in finta bachelite e bambù, poi in plasticaccia che prova a imitare la bachelite e finto bambù. Si trova ancora su Amazon, la forma è sempre quella, ma per i materiali non ci provano nemmeno.
Eppure, ogni casa ne ha uno. E una rapida occhiata ai materiali ci permette di capire che “Lo abbiamo sempre avuto, era dei bisnonni” è una menzogna. Qualcuno lo ha comprato meno di trent’anni fa.

Il souvenir della città

“Hei, qui c’è un Colosseo segnatempo con su scritto il tuo nome

 

 

È scientificamente dimostrato: nei negozi di souvenir la mente umana entra in uno stato alterato, in cui l’unico bisogno primordiale è quello di regalare alla persona al di là del bancone quegli inutili fogli di carta chiamati denaro in favore di qualcosa di più utile.
Come un fermacarte segnatempo da 2,33 chili che riproduce un intero paese ligure, l’Arena di Verona, il Duomo di Milano o la chiesa parrocchiale di Villacapra di Sotto.
La cosa più subdola è la capacità di questo maleficio di non scomparire di colpo: subito ci sembra un’ottima idea, quando arriviamo a casa e gli troviamo un posto in salotto ci piace abbastanza, la settimana dopo fa una discreta figura, poi passabile.
Fra la quarta e la quinta settimana iniziamo a chiederci cosa avevamo in testa quando lo abbiamo preso, e dopo due o tre mesi pensiamo a trovargli un altro posto.

Ma ormai la maledizione del soprammobile è completa: perché dovremmo spostarlo?
In fondo è sempre stato lì

 

 

Il regalo che non puoi buttare e che devi esporre

“Grazie mille, ho sempre sognato un totem sioux a grandezza naturale”

 

La categoria di oggetti più subdola di questa lista. Perché gli altri, in qualche modo ce li siamo cercati, o comunque sono conseguenza diretta delle nostre azioni (o della nostra dedizione alle sostanze psicotrope).

Ma quando il male arriva da fuori, non c’è scampo. Soprattutto quando ha le mille forma del regalo che devi esporre: soprammobili, complementi d’arredo, mobili, ma non solo.

Menzione particolare agli abiti. Tanto lo sappiamo tutti: puoi avere tredici anni o cinquanta, ma quando vai a trovare la prozia devi mettere il maglione che ti ha regalato. Anche se è la quarta volta che lo fai e la signora di cui sopra, avendo si pessimi gusti, ma un grande cuore e moltissimi pronipoti, si ricorda a malapena di chi sei figlio, lascia perdere se potrà mai ricordarsi cosa ti ha regalato.

Per gli oggetti da tenere in casa invece, ci sono contromisure di ogni tipo, che vanno dal semplice occultamento con coperture di vario tipo, alla messa in mostra degli oggetti solo quando chi ce li ha regalati si presenta.

Qui ci sono diversi gradi di tragedia: se l’oggetto è piccolo, di solito lo si tiene imboscato in un cassetto accanto e si tira fuori all’occorrenza. In casi estremi c’è chi organizza un mezzo trasloco per riportare su dalla cantina, o giù dalla soffitta, il poggiapiedi matrimoniale in stoffa zebrata regalato nel 2003.

Un consiglio: se avete l’abitudine di regalare gadget o soprammobili e a casa di amici sono sempre sistemati vicino a cassetti, stipetti o antine, probabilmente siete parte del problema.

Il termometro di mercurio (almeno) degli anni ‘70

“Mi ricordo che quando si rompeva, noi bambini raccatavamo il mercurio per far correre le palline sul tavolo”

 

Un tempo gli oggetti venivano costruiti per durare. Così tanto da crearci l’illusione di essere eterni. Il termometro di mercurio se ne sta lì, nel cassetto dei medicinali, fuori luogo come un camioncino della porchetta a una convention vegana, a pochi centimetri dallo spazzolino elettrico bluetooth dal design ultramoderno che lo guarda con sdegno.  Il termometro di mercurio degli anni ‘70 ormai ha dignità da memorabilia, eppure viene ancora regolarmente utilizzato per il suo scopo principale dal tutta la famiglia. Tutta. La. Famiglia. Da almeno quattro generazioni e per qualsiasi tipo di misurazione.

Statisticamente, è stato testimone di almeno tre pandemie, di una malattia estinta e di un numero imprecisato ma sicuramente inquietante di orifizi.

Ah, e il mercurio nei termometri è fuorilegge da quasi dieci anni: è pericoloso per la salute. 

Oh, l’ironia.

 

 

 

La foto dell’imbarazzo

 

Di quella sera ricordo solo una partita a carte, un sombrero e una grande sensazione di pace”

Oggi, se i nostri amici non hanno le pigne nel cervello e la condivisione facile, la questione è privata: le foto dell’imbarazzo vivono nella volatilità della memoria dei nostri telefoni.

Ma un tempo non c’erano anteprime: portavi il rullino dal fotografo, e quando andavi a ritirarle potevi capire dalla sua faccia che qualcosa era sfuggito al tuo controllo.

Se non c’erano le forze dell’ordine ad aspettarti, avevi comunque “vinto” un raccoglitore, o almeno alcune foto, da far sparire.

Ma il cervello umano è strano, e invece di bruciarle seduta stante come nei film di 007, le hai conservate in fondo al cassetto.

Così, le foto delle tue vacanze al mare dei 18 anni, della gita scolastica, della festa in montagna da amici, del sabato sera da leoni, ti perseguitano.

Nella migliore delle ipotesi hai un abbigliamento improponibile, una pettinatura che ti fa vergognare di avere una testa e una faccia che in confronto Homer Simpson sembra un candidato al premio Nobel.

Sempre che i vestiti siano al posto giusto, che il tasso alcolico che traspare non sia così alto da farti tornare i postumi solo a vederla, o che la foto non includa una delle seguenti categorie:

Abbracci imbarazzanti a sconosciuti, VIP, forze dell’ordine, grandi predatori.

Oggetti inspiegabili: manichini, segnaletica stradale, pezzi di automobili.

 

Arrampicate: monumenti, mezzi delle forze dell’ordine, altre persone, gru o impalcature.

 

 

 

 

 

Il calzino spaiato

“La cosa curiosa è che ho più calzini spaiati di quante paia di calze abbia mai comprato”

 

Di solito il calzino spaiato può starsene buono anche per mesi in fondo a un cassetto, in attesa del momento di colpire, quando sarai più debole.

Sarà proprio dopo un weekend da leoni (in cui la saggezza dell’esperienza ci avrà impedito di portare macchine fotografiche e strumenti di ripresa), quando saremo troppo addormentati per connettere che, come le uova di cuculo, si infilerà tra due calzini “buoni”, regalandoci momenti di gioia per tutto il giorno.

 

Perché, ovviamente, il calzino spaiato è sempre diverso da qualsiasi altro calzino tu abbia. Molto diverso. Se hai solo calze tinta unita, lui è fantasia. Se hai solo calze di cotone, lui è in filo di scozia. E così via.

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