Burgez e Moby giocano con gli stereotipi sul lavoro. E fanno inferocire tutti - Hydrogen Code
marzo 15, 2018

Lunedì 12 marzo è stata una giornata piuttosto animata per chi frequente i social network: due shitstorm in un solo giorno. Particolare curiosi: in entrambi i casi, il tema è il mondo del lavoro.

Partiamo da Burgez, hamburgeria milanese alla ricerca di personale che pubblica sulla sua pagina Facebook un annuncio evidentemente scritto in modo da far scatenare un flame:

Non ci vuole molto prima che fiocchino i primi commenti, estremamente piccati. Le risposte di Burgez non si fanno attendere e sembrano studiate apposta per ingigantire la questione, in uno scenario che ricorda molto l’affaire “piovono zucchine“.

Che sotto più che razzismo ci sia la volontà di scatenare polemica per finire sui giornali è più che evidente, anzi, la cosa sembra quasi preparata, tanto che il giorno dopo sia Repubblica sia Rolling Stones escono articoli sulla questione, dando ulteriore visibilità a una catena di hambuger a metà strada fra il fast food e il gourmet. Alla fine, la ricerca di personale era solo un pretesto per far parlare del locale e chi gestisce la pagina ha voluto giocarsi il jolly gettando benzina su un argomento scottante che da tempo anima il dibattito elettorale. Burgez come Taffo, quindi? Nelle intenzioni sicuramente. Nella pratica siamo ben lontani dallo stile graffiante ma professionale della nota agenzia di pompe funebri: certamente la visibilità è incrementata notevolmente e a costo zero.

Mentre Burgez prende in giro gli italiani giocando sul luogo comune che sono pigri e viziati, un’altra azienda, Moby, fa esattamente il contrario. Si vanta – tramite pubblicità sui principali quotidiani – di assumere solo lavoratori italiani.


L’intenzione non era quella di discriminare gli equipaggi stranieri – sostiene l’armatore – bensì di sottolineare l’attenzione sul fatto che Moby assume solo dipendenti con contratto nazionale, a suo dire ben più generoso e a favore del lavoratore rispetto a quelli applicati da altre compagnie che, pur navigando nel mediterraneo, battono differente bandiera e applicano differenti contratti.


Non dubitiamo di queste, ma sono in molti ad aver avuto l’impressione di una pezza messa di corsa per rattoppare a un errore di comunicazione. Se questo era il messaggio, era praticamente impossibile che il pubblico – difficilmente esperto o anche solo interessato ai contratti del personale di bordo – ne potesse coglierne la sfumatura. Soprattutto quando la pubblicità esce dopo una campagna elettorale caratterizzata da un dibattito esasperato sul tema dell’immigrazione.

Stupisce anche il fatto che dietro la campagna pubblicitaria di Moby non ci sia uno sconosciuto o un dilettante, ma il gruppo Armando Testa. Non proprio gli ultimi arrivati, insomma. Se possiamo capire che, per ingenuità o per irriverenza, il piccolo Burgez (che conta poco più di 3000 fan sulla pagina Facebook) possa permettersi di giocare sui luoghi comuni, ci stupisce un simile approccio da un colosso come Moby. Non solo la compagnia di navigazione può permettersi alcuni fra i migliori pubblicitari al mondo (cosa che ha fatto), ma stupisce che a nessuno dei dirigenti che l’hanno approvata sia sorto il dubbio che il messaggio potesse ritorcersi contro l’azienda.


Anche perché, come fa notare l’immancabile Selvaggia Lucarelli, anche il tristemente noto capitano Schettino era italiano.

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