Trasformazione digitale: quando una pagina Facebook può sostituire il sito - Hydrogen Code
settembre 25, 2017

Che una presenza online sia fondamentale è un concetto ormai pleonastico, ribadirlo è uno spreco di tempo. Più difficile invece è stabilire che tipo di presenza avere, soprattutto quando i budget ristretti impongono dei compromessi. Per i grandi attori del mercato il problema non si pone: loro possono permettersi di essere ovunque, anche sui social più di nicchia, fosse solo per mostrare i muscoli e avere la certezza di far arrivare il messaggio a chiunque. Quando bisogna fare più attenzione ai costi, invece, è meglio selezionare accuratamente il canale ideale.

UNA PAGINA FACEBOOK PUÒ BASTARE

Inizialmente chi usava Facebook per il business sfruttava i suoi meccanismi e la mastodontica profilazione degli utenti per portare le persone “giuste” – i potenziali clienti – al suo sito. Ancora oggi questo è uno degli utilizzi principali del social blu ma le cose stanno pian piano cambiando. Facebook diventa più complesso man mano che viene aggiornato e gli strumenti che integra sono così tanti e abbastanza potenti da essere in grado di offrire tutto ciò che serve a molte realtà. Pensiamo per esempio a ristoranti, gelaterie e locali in genere: possono inserire tutte le informazioni necessarie – compreso il menù del giorno e la segnalazione di serate speciali – e si può integrare un form per la prenotazione online tramite Tripadvisor. Praticamente, tutto quello che serve a chi ha un ristorante, un pub o un camion per lo street food. Per queste realtà il sito diventa un di più. Non è certo inutile ma Facebook può supplire bene alla sua mancanza, fosse solo per il fatto che ormai praticamente nessuno cerca un ristorante o una pizzeria su Google. Non da quando c’è TripAdvisor.  

Andando oltre il mondo della ristorazione, in molti avranno sicuramente notato che Facebook ha attivato in Italia il Marketplace, il mercato per scambi fra privati e professionisti. Attualmente non è ancora maturo come quello a disposizione di chi vive negli USA: non è possibile completare l’acquisto all’interno della piattaforma e bisogna appoggiarsi a un sito esterno per i pagamenti ma l’iniziativa sta riscuotendo successo. Così tanto che il Marketplace di Facebook potrebbe rivelarsi un’ottima alternativa ad alcune piattaforme di e-commerce. Queste ultime sono estremamente versatili ma sono anche complicate da implementare e gestire, risultando quindi più costose. Facebook dalla sua ha invece il vantaggio della semplicità, anche quando si tratta di integrare simili strumenti e permette quindi di investire il denaro sui contenuti e sulla promozione invece che su interventi tecnici. A breve, potrebbe divenire uno degli e-commerce più utilizzati, anche se prima di far concorrenza a colossi come Amazon o Alibaba ci vorrà un po’ di tempo.

QUANDO IL SITO È INDISPENSABILE

Sebbene molte realtà possano essere rappresentate più che adeguatamente da un profilo sui social, non sempre questo è sufficiente. La presenza online di pizzeria può benissimo essere una fanpage su Facebook ma lo stesso non si può dire dello studio di un avvocato o un commercialista che invece necessitano anche di un canale più istituzionale.  

Lo stesso dicasi per chi realizza prodotti o servizi: non tanto per venderli (fra Amazon, Ebay, Groupon non mancano le alternative) quanto per presentarli. Il motivo è abbastanza ovvio: voi comprereste un software per la gestione delle buste paga che non ha un sito di riferimento, dove vengono chiaramente illustrate le caratteristiche, i costi e le garanzie offerte? Qualcuno potrebbe obiettare che tali informazioni potrebbero essere tranquillamente incluse nel profilo social ma non è proprio la stessa cosa, per molti motivi. Prima di tutto, una presenza social non è accessibile a tutti. A meno di interventi della magistratura, chiunque – in tutto il mondo – può accedere a qualsiasi sito Internet. Per accedere e interagire con una pagina Facebook invece bisogna registrarsi sulla piattaforma e, nonostante ormai siano più di 2 miliardi, non tutti ne fanno parte o sono intenzionati a farlo. Si rischia di giocarsi parecchi potenziali clienti e non, come erroneamente si crede, solo la fascia più anziana e meno propensa all’utilizzo delle tecnologie: anche i più giovani tendono a snobbare Facebook in favore di altri social, in particolare Instagram.
Non bisogna poi dimenticare che mentre un sito è di proprietà dell’azienda, una presenza su un social rimane a tutti gli effetti proprietà del network, non dell’amministratore del profilo. Una modifica delle policy di Facebook potrebbe (ed è già successo) vanificare gli investimenti fatti e quelli in corso. In certi casi addirittura portare alla chiusura della pagina solo per la segnalazione di qualche concorrente invidioso o di un utente dispettoso. Per chiudere un sito non basta certo la segnalazione di qualche bastian contrario: deve intervenire la magistratura e quindi ci devono essere solide basi. Quelle che, sotto questo profilo, mancano ancora ai social network che sono legate alle policy – condivisibili o meno –  volute dai loro fondatori.

CONCLUSIONI

Abbiamo visto come in certi casi la sola presenza social possa essere sufficiente a rappresentare un’azienda, soprattutto se il pubblico di riferimento è giovane. Questo non significa che sia la strategia migliore. Come digital agency difficilmente diremmo a un nostro cliente di snobbare il sito. Anzi. Il consiglio solitamente è quello di presidiare più canali, tutti quelli consentiti dal budget a disposizione. Questo perché non basta lanciare un messaggio per sperare venga recepito: bisogna presidiare i canali dove si trova il pubblico. Chi fa pubblicità in TV non rinuncia certo ai banner sui siti, né alle sponsorizzazioni su Google Search né agli investimenti su Facebook, Twitter e Instagram: vuole raggiungere tutti i potenziali clienti. E questo dovrebbe essere l’obiettivo di qualsiasi realtà lavorativa. Certo, quando si parte spesso il budget è limitato e non permette questa capillarità. È in queste situazioni che ha senso iniziare con poco, con la sola presenza social, per poi aprirsi alle altre strade man mano che gli affari prendono piede.

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