Per quanto i social network siano sempre più importanti come fonti di traffico, chi deve gestire un sito non può limitarsi al traffico proveniente da Facebook. Tanti urlano che “la SEO è morta”, sottintendendo che il traffico da ricerche Google è calato rispetto a quello generato da link promossi sui social, ma non è vero: a oggi vengono effettuate oltre 6 miliardi e mezzo di ricerche al giorno, il 77% delle quali tramite Google. Intercettarle è fondamentale per il business.
Per farlo è necessario lavorare bene sotto il profilo SEO, acronimo di Search Engine Optimization. In parole povere, bisogna far capire a Google cosa contengono le pagine del sito così da proporle a chi è interessato. Per la maggior parte delle persone gli aspetti più profondi del SEO sono paragonabili alla fisica nucleare in quanto a complessità e richiedono l’intervento di un esperto. Quello che magari ci aiuterà nelle fasi di messa online di un sito, o durante la sua migrazione.
Nella vita di tutti i giorni però dobbiamo trovare un compromesso: a meno di avere un sito che macina decine di migliaia di euro mensili di fatturato, difficilmente potremmo far ottimizzare a uno specialista ogni singolo contenuto. Tocca arrangiarsi ma non preoccupatevi, è più semplice del previsto. Un articolo online non è poi così diverso da quelli sulla carta, stringi stringi. Hanno entrambi un titolo e quello che sulla stampa si definiva occhiello, la breve introduzione che specifica di cosa tratterà il pezzo. Quando facciamo una ricerca su Google, ci apparirà qualcosa del genere.
In blu troviamo il titolo mentre in nero il sottotitolo, quello che a seconda del CMS viene chiamato Meta_Description o Description. Scegliere le giuste parole è la cosa più importante e per farlo non bisogna pensare a Google o impazzire dietro a complicati strumenti per la ricerca di keyword: bisogna attirare l’attenzione dei lettori come fanno i giornalisti, col contenuto, con una frase ad effetto che introduca all’argomento che verrò trattato. La pertinenza è di fondamentale importanza. Inutile mettere parole che non c’entrano nulla col tema solo perché sono fra le più ricercate: non farete che spazientire chi clicca e non trova ciò che si aspetta. Sicuramente avrete aumentato il numerino dei click sul sito ma non si tratta di click utili. Facendo un paragone azzardato, potremmo considerarli l’equivalente di comprare follower su Facebook.
Ovviamente, titolo e sottotitolo sono solo una parte e bisogna dedicare attenzione anche ad altri aspetti. Alla chiarezza e completezza dell’articolo vero e proprio, così come a tanti piccoli dettagli, come indicare la keyword di riferimento o aggiungere i tag alle immagini. Se usate WordPress, l’installazione del plugin Yoast è consigliabile ma bisogna usarlo con intelligenza, senza farsi venire la sindrome di seguire tutti i suoi (folli) suggerimenti. Sia perché il pezzo diventerebbe noioso anche per un robot, sia perché perdereste un sacco di tempo dietro a ottimizzazioni dalla dubbia efficacia. Le sue segnalazioni possono essere utili per non dimenticare pezzi per strada, così come l’anteprima dello snippet è comodissima per vedere come verrà visualizzata la ricerca sui motori di ricerca, ma non dannatevi l’anima per soddisfare ogni sua “pretesa”. Prima di tutto perché non digerisce bene l’italiano e non distingue bene come Google i plurali dai singolari, indicando quindi errori ove non ce ne sono. Secondariamente, perché molte ottimizzazioni sono ridondanti se non deleterie. Il tempo speso in queste inezie può essere meglio investito migliorando la forma. Il vostro pubblico alla fine è composto da persone, non da bot e algoritmi. Una volta capito questo, sarà più facile comprendere quali tecniche SEO hanno senso e quali sono una perdita di tempo, su quali aspetti concentrarsi per dare più valore al contenuto. Ma questo lo affronteremo più avanti in un altro articolo sul tema.