Se a lungo investire sul SEO e sulla pubblicità di Google era l’unico modo per farsi trovare online, da qualche anno sono i Social Networks ad aver catalizzato l’attenzione. Il motivo è da ricercare nel successo di queste piattaforme e nella profilazione estremamente precisa degli utenti e dei loro gusti. Per quanto potenti, gli strumenti di Google non hanno la granularità e la semplicità di quelli utilizzati su Facebook e Instagram che permettono di arrivare a un livello di dettaglio davvero impressionante. Fra le tante opzioni, possiamo decidere di includere (o escludere) dalla targetizzazione chi vive in case di una certa dimensione, che guadagna sopra o sotto una precisa soglia o che è appassionato a un particolare hobby.
Sembra banale, la panacea di tutti i mali, ma non prendete la cosa sottogamba. Per quanto gli strumenti siano di facile utilizzo, ottenere risultati validi non è così banale e – come in tanti campi – è facile bruciare migliaia di euro in poche campagna pubblicitarie.
Come prima cosa, dobbiamo partire dal presupposto che non tutti questi dati sono reali: guardando i profili ci possiamo imbattere in bugie vere e proprie (persone che indicano Miami come residenza nonostante vivano in Molise), in informazioni ormai datate (tipo chi ha lasciato indicata la vecchia professione). Nel primo caso possiamo risolvere geolocalizzando l’annuncio, quindi inviandolo a chi si trova in quel posto effettivamente e non a chi si limita a dire di viverci. Nel secondo caso, purtroppo dobbiamo convivere con notizie approssimative.
Questo vale sia per la posizione lavorativa sia per altri dati, come la situazione sentimentale. Se l’età è sempre ragionevolmente correttamente indicata, non tutti amano indicare se sono sposati, figuriamoci se specificano che sono fidanzati o single. Di conseguenza, usiamo sempre con attenzione queste categorie, cercando di integrarle con gli altri dati, quelli relativi agli interessi e ai comportamenti.
Impostando bene questi piccoli dettagli possiamo riuscire a limitare i “danni” fatti da indicazioni sui profili errate. Chi deve sponsorizzare un e-commerce potrà per esempio includere gli acquirenti compulsivi così come uno sviluppatore software potrà concentrare il messaggio solo a chi usa i sistemi operativi da lui supportati. Abbiamo bisogno di sponsorizzare un’agenzia di viaggi? Possiamo escludere quelli che sono tornati da una vacanza da una o due settimane, che difficilmente saranno interessati a farne un altro nel breve periodo. Se l’esigenza è di spingere l’installazione di un’app di fotoritocco, si può pensare di concentrarsi sui caricatori seriali di foto.
Arriviamo ora al parametro più effimero, ma non meno importante: gli Interessi. Diciamo effimero perché sono dedotti da Facebook da come la gente mette i Mi Piace, da quali pagine e siti Internet visita. Sicuramente sono degli indicatori validi e ragionevolmente affidabili, ma bisogna sempre verificare l’andamento della campagna per verificare che le persone raggiunte siano poi interessate e coinvolte. Nel caso solo pochi di quelli raggiunti interagiscano col contenuto, è il caso di ritoccare qualche parametro.
Il modo migliore di ottenere buoni risultati? Sperimentare, tanto, anche con piccoli budget. Evitiamo di allargare il pubblico troppo, aprendosi a tutti i potenziali interessati. Concentriamoci su gruppi più piccoli, magari invece di fare una grossa campagna cerchiamo di dividere il budget su più campagne piccole, focalizzate su pubblici diversi. In questa maniera, capiremmo in breve tempo quali sono più reattivi a certi argomenti e concentrarci su di loro, evitando di sprecare l’investimento.