Visitare una piccola fiera gastronomica come Golositalia può essere un’esperienza particolarmente interessante. Per la possibilità di assaggiare specialità regionali di ogni genere, certo, ma soprattutto perché permette di capire meglio come funziona il mondo del business per la maggior parte delle PMI.
Chi lavora nel marketing, soprattutto nelle grandi città, forse per deformazione professionale, può essere portato a pensare che il marketing e la comunicazione siano delle priorità per qualsiasi realtà. Magari non coi budget tipici di chi partecipa alla Milano Fashion Week o al World Mobile Congress di Barcellona, ma un’interesse lo si tende a dare per scontato.
Passeggiando fra i padiglioni di Golositalia si realizza che la maggior parte degli imprenditori danno molto meno valore di quanto si possa credere al marketing e alle strategie digitali. La maggior parte delle attività mantiene una presenza online, sia essa un sito o una pagina Internet, ma pochi sembrano credere nell’efficacia dello strumento. Sono online perché qualcuno li ha convinti che ci devono, ma tolte rare eccezioni il sito è visto come uno volantino evoluto, una nuova versione delle Pagine Gialle. Pochi hanno messo in piedi un e-commerce e ancora meno sembrano interessati a farlo nel futuro. La percezione è che per una fetta non piccola degli espositori il vero business sia sfruttare l’afflusso alla fiera per vendere merce più che sperare di aprirsi a nuovi business.
Pensare che il disinteresse alle nuove tecnologie sia legato alla tipologia di fiera è un errore: praticamente tutto il paese sembra poco interessato al nuovo che avanza. Comprese le Startup Innovative. Su 5143 aziende iscritte al registro delle Startup Innovative, solo il 58,3% dichiara di avere un sito Internet. Di questi solo il 72% sono attivi: il restante 28% è irraggiungibile, non funzionante o in costruzione. Chi funziona, poi, non sempre lo fa come dovrebbe: meno del 30% dei siti delle Startup è responsive e meno dell’8% ha un valore anche solo sufficiente di Page Speed. La situazione delle Startup non sembra differire da quella della media delle PMI. Secondo uno studio commissionato da GroupOn per Doxa, il 37% delle PMI non ha un sito e solo la metà degli intervistati lo ritiene uno strumento capace di influenzare le opinioni dei consumatori.
Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno ci si può consolare del fatto che le aziende iniziano a capire l’importanza degli strumenti digitali. A parole, per lo meno, perché come indicano i numeri, sono pochi ad aver avviato processi di digitalizzazione della propria azienda. “La nostra ricerca evidenzia che a oggi si rileva un’evoluzione della mentalità degli imprenditori italiani: è ormai matura la consapevolezza dell’importanza del web marketing – specifica Sara Silvestri, research executive di Doxa – Tuttavia, non è ancora partita in Italia una fase di digitalizzazione concreta ed effettivamente applicata al business, a causa di barriere culturali ancora radicate e di scarsa conoscenza degli strumenti del mondo digitale”.
Se in parte queste barriere sono dovute a questioni anagrafiche o culturali (più sono giovani gli imprenditori, più danno per assodata l’importanza della Rete per la loro attività), in parte la colpa è anche di certi professionisti (autoproclamati) del marketing. Persone che hanno magnificato il potenziali della rete, promesso importanti incrementi di fatturato per poi mettere in piedi sbilenche realtà online di dubbia utilità, incapaci di portare risultati apprezzabili e misurabili. Non stupisce che tanti imprenditori, dopo essersi scottati, nutrano scarsa fiducia nello strumento.