Fertility Day 2016. Lo Stato fa cilecca - Hydrogen Code
settembre 1, 2016

Il ritorno dalle vacanze è stato reso molto più divertente grazie all’involontario supporto del Ministero della Salute. La campagna per il Fertility Day è partita il 31 agosto e solo poche ore dopo è diventata un meme su Internet: logo e immagini di pessima qualità accompagnati da copy che nella migliore delle ipotesi hanno fatto sbellicare dalle risate ma, in molti casi, hanno urtato la sensibilità di una parte della popolazione.


L’obiettivo è lodevole: una campagna di sensibilizzazione per invogliare le giovani coppie a fare figli. La realizzazione, purtroppo, ricorda il tema di uno studente poco dotato. A partire dal logo – uno spermatozoo che entra in uno ovulo a forme di cuore – passando per i font, le immagini e i copy, che ricordano vagamente alcuni slogan del Ventennio. Rivolgendosi a un pubblico giovane, il ministero non ha fatto mancare un semplice quanto terribile videogioco.



Sotto il profilo della viralità la campagna è stata un successo: ne stanno parlando tutti, compresi personaggi di spicco come lo scrittore Saviano, e l’hasthag #fertilityday è ormai trending topic su Twitter. Peccato che la stragrande maggioranza ne discuta in termini men che lusinghieri. Il fatto che al momento in cui scriviamo il sito dell’iniziativa non funzioni può indicare due cose: o ci sono problemi tecnici (come sostiene il Ministero della Salute) oppure le critiche hanno convinto i responsabili a correre malamente ai ripari.

Non vogliamo entrare nel merito dei contenuti, non è il nostro mestiere, ma come agenzia di comunicazione ci siamo chiesti come sia stato possibile un simile scivolone. A meno che il tutto sia stato realizzato da qualche cugino “che è bravo con Facebook” non ci si spiega altrimenti come dei professionisti potrebbero fare scelte tanto risibili, paragonabili agli scivoloni di Melegatti che ci hanno fatto sorridere lo scorso natale. Un professionista della comunicazione non assocerebbe mai il tema della fretta, dell’urgenza, a quello della natalità. Pensare che un’immagine di una donna che regge una clessidra accompagnata dalla scritta “la bellezza non ha età, la fertilità sì” sproni le giovani coppie a riprodursi è folle, almeno tanto quando l’associare il concetto di creatività con la posizione del missionario (sì, il Ministro ci ha deliziato anche con questa trovata).

Ribadire poi che “La costituzione tutela la procreazione cosciente e responsabile” riesce a togliere tutta la poesia e la sensualità di un atto d’amore come cercare di fare un bambino.

Il messaggio che passa è che le giovani coppie devono fare figli, li devono fare in fretta e lo devono fare per la Patria, non per sentirsi realizzate. Suona più come una minaccia che come un consiglio. Più che pubblicità e prevenzione, questa è una campagna di propaganda alla quale, con rammarico, si è prestata qualche agenzia che o non ha avuto la capacità di realizzare un messaggio più incisivo o la forza di opporsi ai suggerimenti – folli – del governo che l’ha commissionata. 

Certo, è il datore di lavoro che paga e decide, ma ci sono dei limiti. I professionisti della comunicazione non sono dei meri esecutori: devono suggerire la via ideale, sottolineare le eventuali scelte errate del committente e consigliargli soluzioni alternative. Non bisognava essere dei guru del settore per prevedere l’inevitabile “shitstorm” che avrebbe accompagnato grafiche tante raffazzonate e frasi al limite della presa in giro.

L’aspetto più surreale è che a fronte delle tante polemiche, il ministro Lorenzin sembra non rendersi conto dello scivolone. Difende le sue scelte e si definisce “stupita e amareggiata” dalle reazioni, incapace di comprendere che le critiche non sono rivolte all’iniziativa in sé, ma al modo in cui è comunicata. Forse perché non realizza che se oggi i giovani tardano a fare figli non è perché sono “bamboccioni” o ignorano che con l’avanzare dell’età le percentuali di riuscita si abbassano, ma per problemi strutturali che la politica non riesce a risolvere. A giudicare da questa campagna, il Ministero della Salute non si è nemmeno chiesto quali siano le cause, ma si è limitato a fare propaganda. Male, tra l’altro. Avvalendosi della consulenza di persone che sia sotto il profilo strategico sia sotto quello della realizzazione dei contenuti non si sono rivelate all’altezza. Una storia che si ripete, purtroppo: come dimenticare quando – per rilanciare il turismo – lo Stato Italiano spese milioni per il portale Italia.it e quel terribile logo “Magic Italy”?

Al di là degli spot infelici il problema che emerge è che non si è voluta sfruttare l’occasione del Fertility Day per affrontare il tema della bassa natalità aprendo dei dibattiti, coinvolgendo la popolazione per capire quali siano le cause e studiare soluzioni mirate. È mancata del tutto una pianificazione strategica: se anche le immagini e i copy fossero stati in grado di mandare il giusto messaggio, l’efficacia della campagna sarebbe stata comunque bassa e non si sarebbero ottenuti i risultati sperati. Non basta una giornata celebrativa all’anno per sensibilizzare sul tema e aumentare la natalità. Bisogna approntare un piano, non solo di comunicazione, che coinvolga riforme, preveda sussidi, stravolga le attuali meccaniche del mondo del lavoro in modo da mettere le coppie nella condizione di poter fare – e mantenere – dei figli, non solo di sognare di averli. 

Un’altra occasione mancata per il nostro governo che cerca disperatamente di comunicare coi giovani, privilegiando pure l’inglese per il nome dell’iniziativa, ma lo fa col piglio di un centenario convinto che basti gridare “Yo!” e indossare una bandana per risultare credibile alle nuove generazioni. E dire che non mancavano ottimi esempi da cui prendere spunto. Come lo spot danese per promuovere l’incremento demografico: ironico, arguto e attento a non urtare la sensibilità di alcun cittadino. L’esatto opposto della campagna che ci è toccato subire in questi giorni.