Chi è impaziente finisce per rovinare tutto e non riesce a compiere grandi imprese.
(Yamamoto Tsunetomo)
Abbiamo visto come per una piccola o media impresa che voglia avvicinarsi al mondo del digitale sia indispensabile abbracciare un nuovo ramo di competenze, indispensabili per utilizzare i nuovi strumenti in modo vantaggioso e profittevole. Va detto che accanto ad alcune realtà più resistenti al cambiamento in corso, altre sono state pronte a coglierle con rapidità. A volte però, per entusiasmo o per inclinazione, alcune aziende sono cadute nel dedalo del “fai da te” digitale. Una strada complicata, e da cui spesso è difficile uscire. Vediamo perché.
Iniziamo con una considerazione: in Italia fare impresa è complicatissimo. Per questo motivo gli imprenditori, in particolare quelli delle piccole, medie e micro imprese sono abituati a svolgere qualsiasi mansione sia necessaria, pur di sostenere l’azienda. Quindi, oltre al proprio mestiere, alla contabilità, al responsabile del personale e alla gestione della burocrazia, il titolare ha l’abitudine mentale a sopperire a qualsiasi necessità. Con alterne fortune, ma con un impegno incrollabile. A volte, più spesso di quanto pensiamo, questo avviene anche nel Digitale. Alzi la mano chi, fra gli esperti presenti, non ha mai avuto a che fare con un titolare che, parlando di attività digitali e social media, ha risposto più di una volta “ho provato a farlo io” o “abbiamo provato a farlo noi”.
Lodevole senza dubbio ma, e qui ci rivolgiamo soprattutto a titolari e imprenditori, piuttosto problematico.
La ragione è semplice: il momento in cui le attività digitali erano pionieristiche è passato da decenni e oggi l’intervento e l’esperienza dei professionisti è spesso indispensabile. Chi crede nella spontaneità e nella genuinità dei rapporti, anche sui media digitali, non si deve preoccupare: un partner esperto o un’agenzia di comunicazione abituata ad ascoltare sapranno dare i giusti consigli, preservando gli aspetti più genuini e affascinanti dell’azienda e allo stesso tempo correggendo gli errori e le inesperienze.
Comunicare è a tutti gli effetti un mestiere. In questi casi funziona sempre molto bene il buon vecchio esempio nei mestieri “analogici”: gli imprenditori si dovrebbero chiedere – e il mestiere degli esperti digitali è anche quello di aiutarli nella riflessione – se proverebbero anche a rifare l’impianto di riscaldamento o il pavimento dell’azienda.
Non confondiamo questo atteggiamento con una forma di elitarismo o della voglia di creare un “circolo”. Tuttavia, esattamente come ogni altro mestiere, anche le attività digitali richiedono preparazione, dedizione e tempo.
Ecco perché non è detto che le risorse interne siano adeguate, indipendentemente dall’impegno e dal tempo che ci investono. Il migliore degli impiegati amministrativi sarà sicuramente un pessimo “webmaster” o programmatore. Non perché siano occupazioni “per eletti”, ma per il più semplice dei motivi: non è il loro mestiere, esattamente come non lo è fare l’idraulico. O il piastrellista. E si, di solito vale anche per il più eclettico dei titolari.
Spazio ai professionisti dunque, esattamente come in tutti gli altri campi. Per la più antica (e sensata) delle ragioni: un professionista farà un lavoro migliore in meno tempo, e quindi con costi inferiori. Ogni volta che un titolare pensa di avere identificato una risorsa interna che tenta di mantenere la pagina Facebook aziendale, per esempio, dimentica una cosa fondamentale: il resto del lavoro non si ridurrà come per magia, e il “fortunato” di turno si troverà con una incombenza in più da gestire. E nella migliore delle ipotesi, la gestirà nei ritagli di tempo.
Semplicemente, il ruolo dei professionisti digitali e della comunicazione è soprattutto quello di… essere professionisti del loro settore. Esattamente come il commercialista, il consulente del lavoro, l’idraulico e il falegname.
L’unica differenza è che fabbricano bit ed emozioni, invece di oggetti.