Rassegnamoci: le agenzie di comunicazione digitale non riposano mai. Nemmeno il tempo di renderci conto che il cambiamento negli snippet di Google in realtà non è una vera novità che Mark Zuckerberg in persona annuncia un cambiamento epocale per Facebook (o così almeno è stato definito).
In pratica, l’algoritmo di Facebook verrà adattato in modo da includere meno contenuti dalle pagine e sempre più delle persone, in particolare amici e famigliari. Una scelta apparentemente disinteressata, sulla quale torneremo più tardi. Quello che, per l’ennesima volta toglie il sonno alle agenzie di marketing digitale e agli esperti, è l’ennesima riduzione del numero di persone raggiunte. Qualcuno, con particolare spirito, l’ha già definita Reachpocalypse, l’apocalisse del reach.
Siamo onesti: se di apocalisse si tratta, è la meno sorprendente della storia. La reach organica di Facebook è in picchiata ormai da anni, al punto che già nel 2015 c’era chi la stimava al di sotto del 2,6% per le pagine con più di un milione di fan. I dati sono estremamente frammentari ma, almeno dal 2014 in avanti, si legge dei risultati sempre peggiori delle pagine. Per citare un film non troppo celebre “Non posso andare a comprare le sigarette senza incontrare nove marketer che si lamentano del calo della reach organica”.
Questa volta, la ragione annunciata dal fondatore di Facebook, sembra ben motivata: il social media è stato concepito come un luogo di persone, ed è giusto che queste abbiano maggiore rilevanza. Tuttavia, è fin troppo facile far correre la mente ai fatti dell’ultimo anno, dalle lamentele sempre più pressanti nei confronti delle fake news, delle bufale scientifiche oppure, semplicemente, dei contenuti irrilevanti che sempre più persone lamentavano infestare le proprie bacheche.
Con un po’ di conoscenza del marketing digitale, in particolare di quello fatto di trucchetti, regole infallibili e sotterfugi, possiamo leggere una tautologia. Proviamo a sintetizzarla:
Sembra la trama del film il giorno della marmotta – web marketing edition, ma meno divertente. Quello che è sicuro, è che anche per i social media trucchetti e scorciatoie sono destinati a funzionare sempre meno. Allo stato attuale delle cose, non sarebbe nemmeno troppo azzardato iniziare a pensare a un futuro senza Facebook. O per lo meno in cui Facebook è decisamente ridimensionato. E questo è anche il primo indizio su come sopravvivere al nuovo algoritmo di Facebook.
In una frase, la fare è prima cosa da smettere di ragionare in modo Facebook-centrico. Niente di nuovo sotto il sole, se ne parlava già nel 2015: la cosa migliore da fare è mettere al centro della strategia i nostri owned media. Insomma, “ritornare a casa”. E poi, iniziare a guardare oltre il velo. Ci sono moltissimi altri modi di raggiungere il proprio pubblico.
Per esempio, la SEO può portare ottimi risultati (purché la strategia non sia Google-centrica ma sia basata su reali relazioni e interazioni). Ma non solo. Internet straripa letteralmente di social media alcuni dei quali, in specifiche verticalità, ottengono ottimi risultati. Il punto è che, a differenza di Facebook, è indispensabile attivare vere interazioni.
Ok, ma mentre si studia dove sarebbe meglio migrare, Facebook langue. Purtroppo per questo non c’è soluzione, se non rivedere la strategia dalle basi.
Una delle poche cose note è che l’algoritmo di Facebook, nel costruire il newsfeed utilizza – con i dovuti pesi – anche il pregresso delle nostre attività. Di conseguenza, anche di quelle del nostro pubblico. Ecco perché diventa sempre più importante fornire contenuti di reale interesse, pensati per chi ci segue. Se migliorano le interazioni ed è evidente che il nostro pubblico “cerca” i nostri contenuti, non potrà evitare di mostrarli. Facile? Per nulla. Ma proprio il fatto di illudere le aziende che fosse facile da parte degli esperti del settore ci ha portato alla situazione attuale. Alzi la mano chi non ha mai sentito deliri come “bisogna pubblicare almeno X post al giorno/ora”. Pratiche di chi ha analizzato male e capito peggio, ma che hanno fatto danni incalcolabili alle pagine delle aziende.
Semplicemente: il numero di fan non è (mai stata) una metrica! Se chi legge è un social media manager, ne prenda atto una volta per tutte. Se chi legge è un titolare d’azienda o un amministratore delegato, è il momento esatto di smettere di pensare ai numeri. Centomila o un milione di fan ai quali abbiamo strappato un “mi piace” con un post fatto per “fare engagement” o acquistato con una campagna generica non significano nulla, spesso non sanno nemmeno di essere lì. Invece, un numero di fan veri, interessati e attivi è un patrimonio da non sottovalutare. I post generici e i contenuti irrilevanti, in quest’ottica, sono estremamente dannosi, perché tradiscono i pochi fan che sono davvero li per noi.
Accettiamo che nessuna strategia è eterna. Fino ad ora Facebook ha offerto discrete opportunità anche alle aziende che non avevano la qualità, la visione, le risorse o la tipologia di prodotti adatti ai social media. Domani potrebbe non essere più così. Probabilmente è giunto il momento di considerare la strategia di comunicazione dalle fondamenta e verificare se è ancora opportuno investire su un media che, per sua stessa ammissione, intende limitare la visibilità dei nostri sforzi. Oppure, accettare che non tutti i media sono adatti a tutti i prodotti. Così come nell’epoca pre-Internet esistevano aziende che fatturavano miliardi senza acquistare pubblicità in televisione, oggi possono esistere realtà di successo che fanno a meno di Facebook.
Insomma, una delle soluzioni per sopravvivere alla carestia, potrebbe essere la più semplice possibile: cambiare continente.