Fra le tante parole prese di peso dal mondo anglosassone, “brand” è una di quelle recentemente più utilizzate nelle sue varie sfumature. Chi lavora nel marketing inevitabilmente sente costantemente parlare di “brand awareness”, “brand identity”, “brand image” o “brand management” tanto che tende a darne per scontato il significato. Letteralmente “brand” significa marchio, o marca, inteso come marchio di fabbrica, come un prodotto estremamente riconoscibile.
Fare branding, di conseguenza, significa mettere in piedi tutta quella serie di processi che permettono a un prodotto, o un marchio, di essere estremamente riconoscibili, di avere un’identità ben specifica che caratterizza l’”anima” del prodotto. Non si tratta solamente di un logo o di un nome, per quanto siano entrambi fondamentali nel processo di branding, ma di una vera e propria identità alla quale sono collegati una serie di valori.
Quando compriamo un prodotto Apple sappiamo che la differenza da un prodotto equivalente di AlienWare non si ferma a una mela morsicata al posto dell’alieno o alle specifiche tecniche. Il valore percepito di Apple è quello di un prodotto per palati fini, per appassionati del design e dell’estetica. Il brand Alienware evoca tutt’altri valori a partire logo per arrivare alla scelta dei colori, più aggressiva e più indicata a un pubblico maggiormente affascinato dalla potenza di calcolo e dalla tecnologia in sé che dalle linee smussate ed eleganti. In entrambi i casi, chi si è occupato di creare questi brand ha investito tutte le sue risorse nel creare delle identità precise per i prodotti, in modo da aumentare il valore percepito nei confronti del pubblico di riferimento.
È molto importante stressare l’attenzione sul “percepito”: il valore oggettivo, in ottica branding, non è fondamentale. Conta quello che viene trasmesso al cliente, sia direttamente tramite il packaging, l’aspetto e il prezzo, sia indirettamente con tutti i valori che gli vengono associati tramite le pubblicità o altre forme di marketing.
“Fare branding” vuole dire creare un’identità ben specifica in cui il pubblico si riconosca e ne condivida i valori, ma non solo. L’Azienda stessa deve per prima riconoscersi nella propria immagine e mettere in pratica i valori e i pensieri che lei stessa trasmette per essere credibile. Ed è proprio sulla credibilità e sulla reputazione che si baseranno le politiche di acquisto e di relazione tra i Brand e i propri pubblici. Fare un’operazione di branding non è un’operazione immediata. Bisogna avere la giusta sensibilità, conoscere il mercato in cui si vuole operare e lavorare sodo e a lungo sia nella creazione dell’identità sia nel comunicarla. La scelta dei colori, delle forme del logo, dei possibili influencer che lo rappresenteranno e del tono di voce con cui il brand si esprime sono tasselli di un grande puzzle che richiede tempo e perizia per essere assemblato. I pezzi devono fondersi fra loro in maniera credibile, devono essere coerenti se si vuole colpire nel segno. Possiamo ingaggiare il miglior creativo sul mercato per creare il nostro logo oppure delegare la creazione dell’identità digitale all’agenzia di comunicazione più gettonata, così come assumere il più bravo designer per le forme del prodotto, ma se tutte queste ottime figure non comunicano fra loro e non sono coordinate, il risultato sarà poco convincente. L’effetto? Un po’ come mettere gli omini dei LEGO sul galeone dei Playmobil.