Natale è il momento preferito dai bambini di tutto il Mondo. Luci, festa, regali e buon cibo. Tutta questa magia torna ad avvolgerci ogni anno con il suo calore.
Ma il natale non è solo la festa dei bambini. C’è un’altra categoria di persone che sotto il periodo di Natale si dà da fare più che nel resto dell’anno. Non stiamo parlando degli elfi di Babbo Natale e neanche dei cassieri di Sainsbury.
Parliamo dei pubblicitari.
Ogni anno i nostri canali di comunicazione si riempiono di spot ovattati e intrisi di buoni propositi, tipici della cultura che “a Natale si è tutti più buoni”. Banchetti di famiglie amorevoli, cori di bambini bianco vestiti e fidanzati in baita sotto la neve. Immagini che sembrano elogiare il progresso e l’esaltazione dei valori umani. Purtroppo però si sa, la strada dell’Inferno è lastricata di buone intenzioni.
La comunicazione natalizia è sempre sbagliata?
Non tutto è perduto. Esistono delle best practice, non solo natalizie ovviamente, che potrebbero allontanare i brand dal rischio di un colossale flop nella comunicazione. Basta assumere tre precisi atteggiamenti nei confronti della realtà:
• affrontare il presente
• essere diversi
• cogliere il cambiamento
Noi di Hydrogen, senza voler eccedere in presunzione, abbiamo fatto una scommessa sul futuro della pubblicità a Natale 2020. Cosa cambierà? Cosa potrebbe cambiare? Ma soprattutto, come mettere in pratica le tre best practice?
Il periodo di crisi causato dalla pandemia in corso non svanirà prima di diversi mesi. Questo significa che anche il prossimo Natale sarà travolto dalla stessa incertezza che stiamo vivendo ora.
La minaccia di un possibile lockdown è sempre alle porte e immaginare un Natale chiusi in casa lontano dai propri cari non sembra essere una mera utopia. Insomma “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”? Non proprio.
L’idea di trascorrere le intere festività natalizie sotto lockdown porta con sé due elementi di grave difficoltà sociale. Elementi che non solo le istituzioni, ma che anche i pubblicitari dovrebbero tener presente.
La solitudine: sotto le feste Natalizie il percepito della solitudine è sempre maggiore. Le comunicazioni sociali, istituzionali e dei brand, tendono ad esaltare la bellezza del Natale intesa come la festa delle famiglie, degli incontri e degli abbracci. Una persona sola questo non può averlo. Ciò porta questi soggetti a soffrire maggiormente sotto il periodo delle feste. Possiamo solo immaginare la portata devastante che una totale chiusura avrebbe su queste persone. Cosa che non farebbe male soltanto alle persone sole. Una certa dose di rabbia e invidia nel vedere in tv famiglie felici che gustano il panettone la proveremmo tutti.
La crisi economica: lo abbiamo già sperimentato nei mesi scorsi. Chiudere tutte le attività commerciali sotto il periodo pasquale ha portato all’indotto economico delle perdite enormi. Farlo sotto Natale, il periodo preferito da commercianti e aziende del turismo sarebbe devastante. Come immaginabile, il fatturato a Natale per una qualsiasi attività commerciale, raddoppia o triplica rispetto al resto dell’anno. A meno che tu non abbia uno stabilimento balneare a Riccione, non aspetti altro che il Natale per vendere e svendere. Un commerciante costretto a chiudere sotto le feste, cibandosi tutti i giorni di tenere pubblicità natalizie, opulenti e gioiose, digerirebbe molto male la situazione.
In pieno lockdown televisione e social sono lo strumento più prossimo ai cittadini. È importante che i brand tengano conto delle dinamiche sociali prima di decidere quali spot mandare in onda e come comunicare con le persone in un periodo così difficile.
Essere empatici nei confronti delle difficoltà da affrontare in questo periodo non è l’unico elemento da tenere presente. Ma oltre che corretta cosa dovrebbe avere una comunicazione per parlare meglio alle persone? Esaminiamo le tre practice:
1. Affrontare il presente: vi sveliamo qualche retroscena, in molti casi diverse agenzie pubblicitarie hanno iniziato a lavorare agli spot di Natale 2020 già da gennaio scorso. Quasi dodici mesi in anticipo sul Natale. Come ben sappiamo da gennaio a questa parte di acqua sotto i ponti ne è passata in abbondanza. Per esempio a gennaio, se ne avessimo avuto bisogno, non avremmo neanche saputo dove comprare una mascherina chirurgica. Questo la dice lunga su quanto le cose siano cambiate. Accelerare i tempi fa parte della nostra cultura markettara che in qualche modo cerca di bruciare la concorrenza provando ad andare più veloce (qui una critica ai problemi causati dal fattore tempo). Resta però un problema: rincorrere il futuro vuol dire lasciarsi sfuggire il presente. Per dirla con una colorita espressione inglese “If you have one foot in the past and one foot in the future, you’re pissing on the present.”
Affrontare il presente vuol dire essere pronti ad accogliere gli stimoli che arrivano giorno per giorno dalla società. Osservare i suoi cambiamenti veloci. Affrontare il presente vuol dire anche essere pronti al peggio.
2. Cogliere il cambiamento: legato alla capacità di affrontare il presente, cogliere il cambiamento è il secondo atteggiamento da avere per affrontare questa crisi.
Il CoVid-19 è piombato sulla nostra economia, come grandine su un campo di mais. Il raccolto è distrutto e ben poco è riuscito a salvarsi. Chi aveva fatto scorta di risorse in passato, per il momento, tira a campare. Tutti gli altri buttano via il lavoro di anni.
Molte cose sono cambiate radicalmente e le opportunità non sono morte, sono semplicemente cambiate. Effettuare un’analisi attenta del target vuol dire accettare il fatto che le aspettative e i desideri delle persone si modificano in base ai tempi. Non c’è niente da fare, bisogna avere il coraggio di cambiare.
3. Essere diversi: il più grande rischio che ogni pubblicitario corre è quello di non esporsi troppo. È la solita paura del diverso che ci autorizza a restare anonimi e piatti, cercando di imitare il gregge ed evitare qualsiasi cosa che possa risultare diversa. Lo abbiamo già visto durante lo scorso lockdown e rischiamo di vederlo nel prossimo futuro. Creeremo degli slogan simpatici ed efficaci e li riproporremo fino alla nausea nelle pubblicità. La vera sfida è quella di uscire fuori dal coro per raccontare ciò che realmente c’è nella testa e nel cuore delle persone. Anche se questo potrebbe costare fatica e ricerca. Se le persone portano un carico di stress, ansia, frustrazione e sfiducia, è inutile cercare di aggirare il problema con una bella frase. Bisogna trovare nuove chiavi di lettura e di dialogo. Un canale di comunicazione per parlare alle persone. Il linguaggio varia da individuo a individuo perché sono diversi i canali emotivi e linguistici con i quali ci sintonizziamo. In agenzia lo studio dei diversi canali di comunicazione e della linguistica sono di interesse quotidiano. Qualche tempo fa abbiamo anche creato uno special sull’evoluzione del linguaggio. I brand dovrebbero captare questi canali e diversificare, orientarsi e infine comunicare con chi hanno davanti. I clienti non sono scatole da riempire o portafogli da svuotare. I clienti sono i nostri migliori soci in affari.
Insomma, da “A Natale siamo tutti più buoni” a “ A Natale stiamo tutti più sani” il passo è breve.
Allora cosa vedremo in tv il prossimo Natale? In Hydrogen questa domanda è nata quasi per scherzo ma ci siamo resi conto che forse valeva la pena parlarne. Con o senza lockdown in corso, il Natale 2020 sarà segnato dalla presenza del Covid. Un elemento divenuto ormai costante nella nostra società.
Il palinsesto pubblicitario, privo di ogni considerazione delle best practice citate sopra, potrebbe portare a due tipi di scenari:
1. facciamo finta di niente: nel peggiore dei casi andranno in onda le pubblicità pensate e realizzate a gennaio. In quel periodo ricordiamo benissimo come andava il mondo. Niente di nuovo quindi. Vedremo le solite cose, che rischieranno di stringerci il cuore fino a stritolarlo. Insomma un flop totale. Qualcosa che certamente andrebbe evitato.
2. facciamo finta che la gente sia felice nonostante tutto: anche in questo caso lo scenario non cambierebbero di molto. Invece di far finta che il Covid non esista, si potrà far finta di ritenere il Natale una festa bella anche in pieno lockdown. Tutti chiusi in casa, magari senza un lavoro, probabilmente soli o a chilometri da casa, ma ugualmente felici. Vedremo, perché no, video di bimbi che gustano il panettone mentre videochiamano i nonni. Oppure spacchettano i regali che Babbo Natale ha accuratamente affidato a qualche ditta di spedizione che in pieno lockdown farà lavorare come computer i propri dipendenti. Perché c’è una missione da compiere: portare a ogni bimbo del mondo il suo presente di Natale. Frotte di fattorini contenti di guidare per chilometri sotto la neve al grido di “A Natale non può che andare tutto bene”. Insomma per parafrasare Il Gattopardo: tutto cambierebbe affinché tutto resti uguale.
Cosa non va bene in questi due elementi? Manca un minimo senso di realismo. Oltre che una dose di coraggio ed empatia.
In pieno lockdown molti di noi si sono ripromessi che mai e poi mai saremmo dovuti tornare alla normalità. Proprio perché era la normalità che ci aveva condotto a quella situazione. Insomma, replicare i due fattori elencati è semplicemente una riproposizione miope di quella normalità così poco desiderata.
Il cambiamento passa per il coraggio di guardarsi intorno.
Prima si accetta la realtà così com’è, solo dopo si cerca di cambiarla.
Il Natale è la festa della nascita di un grande Uomo e della rinascita di ogni uomo. Ebbene questa è la vera opportunità da cogliere. Celebrare questa ricorrenza come una vera, grande e nuova opportunità per la nostra società.
Il messaggio del Natale è amare la scintilla di eternità che c’è dentro ciascuno di noi. Per farlo bisogna però avere il coraggio di guardarsi negli occhi. Di accedere nel buio che abita dentro ciascuno di noi e illuminarlo. Trovare un confronto, un canale di dialogo.
Iniziare una relazione con una persona diversa da noi vuol dire in primis domandarsi: come possiamo fare in modo che il cuore del nostro prossimo possa trovare pace e sorrisi?