“Lei sa che ci sono delle donne che lavorano di notte nei viali…lei mi capisce…che guadagnano tanto più di lei in modo non onesto. Lei perché ha scelto la strada dell’onestà?”
PierPaolo Pasolini pose questa domanda a bruciapelo nel 1964 ad un’ operaia appena uscita dal turno in fabbrica. Il reportage si chiama “Comizi d’amore”, il tema: sesso e libertà in Italia.
Il risultato di questa ricerca, in qualche modo sociologica, si può ben riassumere in due punti essenziali:
1. il sesso imbarazza molto gli italiani del ’64
2. la donna era considerata certamente inferiore all’uomo
Insomma gli italiani mancavano da una parte di intimità, dall’altra si mostravano totalmente privi di un’idea generale sul sesso.
Ecco come si presentavano nel secolo scorso le pubblicità sulle riviste, icone chiarissime di una marcata supremazia maschile:
Cosa ci stupisce di queste affermazioni? Quanto è ancora attuale l’argomento? Ma sopratutto, in che termini le cose sono cambiate?
Se da un lato la sessualità contemporanea è vissuta in maniera più libera e sincera, dall’altro sono molte le persone che rivendicano maggiori diritti per le donne.
Per dirne una, ancora oggi molte donne, proprio come quella intervistata da Pasolini, vedono entrare in tasca uno stipendio minore rispetto a quello dei loro colleghi maschi.
Tante, insomma, sono le conquiste ma ancora molte sono le mete da raggiungere.
Con l’arrivo dei grandi mezzi di comunicazione il volto dell’Italia è cambiato radicalmente negli ultimi sessant’anni. Prima la televisione, poi le reti private, fino ai social media.
Così come per qualsiasi tema di carattere sociale, la comunicazione ha giocato un ruolo importante riguardo al femminismo e il ruolo della donna.
La donna in televisione è onnipresente. Si stima che oltre il 60% dei programmi siano al femminile.
Ci vengono presentati diversi volti. Donne rifatte, vallette mute, giornaliste, mamme di famiglia, sante, disonorate. Questa è solo una piccola parte della lunga lista delle donne presenti sugli schermi.
Ma se la comunicazione è fatta per un buon 50% almeno di strategia di marketing, quali sono le strategie adottate per il pubblico femminile? Come viene realmente percepita la donna all’interno della pubblicità e della comunicazione in generale?
Gran parte delle donne che guardiamo in tv sembrano conformarsi ai canoni di bellezza e femminilità. Visi spesso truccati, fisici magri, vestiti scollati. La pubblicità non è da meno. In molti casi utilizza addirittura modelli appetibili per i maschi per attrarre pubblico femminile (perché a fare la spesa ci vanno ancora le donne in maggioranza).
Nel film The Wolf of Wall Street si afferma che l’arte di vendere è rispondere a un desiderio del cliente. Qualora non vi fosse alcun desiderio da parte del compratore, allora sarà il venditore a instillare un desiderio nel pubblico.
Cosa vuol dire questo? Che le donne si amano così? Silenziosi oggetti del desiderio? Grechine messe per rendere gli spot e i cartelloni stradali più attraenti?
Forse, resta un’ipotesi, il problema delle donne è quello di non saper più riconoscere i propri bisogni.
Sembra che abbiano introiettato il modello maschile così a lungo e in profondità da non sapere più cosa desiderare e cosa le rende felici. Perché questo ostinarsi continuamente da parte di alcune donne nel voler restare sempre un gradino sotto all’uomo? La trovano una posizione comoda?
Nel fare ricerche di mercato, teniamo presente questo fattore di rischio? Sappiamo porci in un’ottica onesta quando rispondiamo ai bisogni femminili?
È importante che un’azienda tenga conto di questi bisogni essenziali per riuscire a posizionarsi meglio all’interno del mercato. Riuscire a riconoscere i desideri reali del pubblico femminile, vuol dire riuscire a portare nel business marketing una strategia del tutto innovativa. Scoprire i desideri più profondi delle donne, renderebbe un brand non solo innovativo, ma probabilmente più efficace rispetto alla concorrenza.
Molte donne ricoprono ruoli dirigenziali al pari degli uomini. Ma si presenta a volte un paradosso: più una donna è emancipata, più sembra riproporsi come oggetto del desiderio maschile. Anche quando sullo schermo ci sono donne adulte e preparate.
Nel loro essere manager, a volte, agiscono con gli stessi modi bruschi e macisti ereditati da secoli di potere declinato al maschile. Non a caso, quando una donna è forte, coraggiosa e autonoma, la si definisce “una donna con gli attributi”.
Eppure la femminilità è altro dalla semplice sfera dell’estetica. La donna non è solo angelicata, come penserebbe Dante. Vi è un lato umano, più profondo, più vero ed anche per questo più difficile da accettare.
Non a caso durante la notte degli Oscar 2020 è stato bandito dal palinsesto pubblicitario uno spot firmato “Frida mom”, compagnia che produce articoli postpartum. Il motivo? Lo spot rappresenta la realtà in maniera troppo cruda, quindi difficile da guardare.
All’interno della pubblicità, le immagini giocano il ruolo più importante. La vista si lascia colpire più facilmente dai colori e le forme.
L’occhio umano sembra essere attratto dall’immediata bellezza di una fotomodella su un cartellone pubblicitario (la cosa vale anche per i modelli di sesso maschile ma la questione sarà affrontata nel prossimo articolo).
Ma se è vero che i corpi parlano di più della lingua, cosa ci raccontano i corpi delle donne in pubblicità?
Negli ultimi dieci anni la comunicazione è cambiata notevolmente. Oggi molti brand prestano attenzione a come la donna viene rappresentata nei loro spot. Tuttavia, in alcuni casi, le pubblicità ripropongono un canone estetico femminile artefatto. Volti eccessivamente truccati o rifatti chirurgicamente.
Il volto è la prima barriera della comunicazione. Ci racconta molte verità, grazie ai suoi quarantacinque muscoli facciali.
Più intensa è la profondità del pensiero e del carattere, più individuale sarà l’espressione del volto.
Il volto umano reca un messaggio. Vulnerabilità assoluta. È asimmetrico e individuale.
Infatti, la faccia si chiama così perché la facciamo noi.
Un volto truccato e rifatto, quasi immobile, può comunicare con noi?
La vulnerabilità è il più bel fascino del volto, ma è anche la cosa che spaventa di più.
È forse questo quello di cui ha paura un brand quando utilizza donne formose in pubblicità? Ha paura di essere vulnerabile?
Due labbra carnose aggiungono ancora valore al prodotto sponsorizzato? Si tratta di un mero artificio per accaparrarsi più visualizzazioni rispetto alla concorrenza.
In pubblicità la qualità dovrebbe essere dettata dal valore che crea il prodotto, l’immagine una rappresentazione di questo valore.
Ma se questo valore lo sostituisco con un artificio estetico, non rischio di produrre una pubblicità MUTA?
Cartelloni come questi sono ancora in grado risuscitare in noi ilarità e attrazione? Se si, come mai reagiamo ancora in questo modo? Non sembrano, invece, delle immagini un po’ offensive dei corpi femminili? Sono corpi senza volto, quasi oggettificati. L’occhio umano come li percepisce? Fanno ancora parte della nostra cultura?
Molti sono i brand che si sono schierati verso forme ben diverse di rappresentazione femminile. Cercando persino di invertire le antiche tradizioni dell’estetica occidentale.
Di particolare interesse è uno spot realizzato dall’azienda Dove. Nel 2006 il colosso dei cosmetici lanciò una campagna dal titolo “Evolution”. Il messaggio ci è parso abbastanza chiaro. La vera bellezza umana si sedimenta sotto il trucco e non necessariamente sopra di esso. Questo perché, lo si capisce guardando il video, molto spesso il trucco falsifica la bellezza invece di esaltarla.
Per parafrasare il filosofo Galimberti, il lifting non facciamolo al volto ma alle nostre idee. Grazie alla televisione e alle pubblicità siamo bombardati da labbra rifatte. Prestiamo costantemente occhio alla qualità della nostra estetica, ma diamo poca attenzione alla qualità della nostra personalità.
Questo conta anche in pubblicità, perché nella comunicazione come nella vita, essere dovrebbe risultare più importante che apparire.
È certo che la società di oggi sia molto più complessa di quanto emerge dalle nostre osservazioni. Per comprenderla meglio è necessario utilizzare strumenti che siano in grado di andare nel profondo, per costruire un’ interpretazione quanto più vicina alla realtà. Occuparsi di temi come questi utilizzando ricerche classiche o di biomarketing e neuromarketing può essere poco efficace. Ecco perché è sempre più necessario utilizzare strumenti più avanzati, come Quidow che attraverso l’analisi dei SENSODATA® è capace di dare risposte più profonde e complete.
Come accennato prima, anche la pubblicità maschile, nel corso degli ultimi anni, sta proponendo dei modelli che rispondono a canoni estetici eccessivi. Nel prossimo articolo cercheremo di capire come la realtà stia cambiando nei confronti dell’uomo.