Da qualche mese a questa parte sembra che il mondo della politica e dell’informazione, sia in Italia sia nel resto del mondo, siano concentrati su un problema nuovo: le fake news. Dagli annunci del Presidente della Camera italiano a quelli dei CEO di Google e Facebook, pare che la priorità sia arginare questo fenomeno. Siamo stati improvvisamente colpiti da uno tsunami di disinformazione?
Se andiamo ad analizzare Google Trend, le ricerche con chiave “fake news” sono esplose a partire da novembre dello scorso anno, segno che l’attenzione verso il fenomeno è cresciuta in modo esponenziale durante le elezioni statunitensi, complice anche il reiterato utilizzo del termine da parte di Trump. È nuovo il modo di chiamarlo, non di certo il fenomeno. L’esistenza di siti come Snopes o del servizio antibufala di Paolo Attivissimo lo palesano. Prima le chiamavamo bufale, hoax per gli anglosassoni, ma è da quando esiste l’informazione che circolano informazioni false. Chi è arrivato agli “anta” non potrà certo dimenticare testate come Cronaca Vera, edita ancora oggi: concentrati di falsità che si dilettano nell’inventare storie a volte divertenti a volte surreali. E che non hanno mai turbato gli animi, fino a oggi.
Perché di colpo sono diventate un problema così serio? È cambiata la percezione. Internet ha amplificato enormemente la diffusione delle bufale e ha palesato un aspetto che forse prima sfuggiva: ci cascano molte più persone di quante si creda. Anche persone insospettabili. Se in precedenza si sottovalutava il messaggio oggi realizziamo che troppa gente ci casca. Chi è convinto che la terra sia piatta (o cava) è ritenuto innocuo e fa sorridere, ma quando si vedono genitori rifiutare di vaccinare i figli o adulti affidarsi a santoni che promettono cure miracolose, il problema diventa grave. Tanto che il morbillo, malattia debellata, sta tornando a mietere vittime. A causa delle fake news? No, a causa dell’ignoranza.
Che il fenomeno delle fake news sia da contrastare è un’idea condivisibile ma l’impressione è che le soluzioni che si stanno cercando siano dei tappabuchi, che si tratti degli algoritmi (tanto “geniali” da identificare come fake le news dei siti dichiaratamente satirici) o di sanzionare i siti che le pubblicano. Dimenticando che tante di queste news hanno avuto una diffusione enorme grazie a organi di stampa, o esponenti della politica, che le hanno ripubblicate e talora cavalcate a loro vantaggio. E continuano a farlo. Più che affidarsi agli algoritmi per valutare l’affidabilità delle news, o accanirsi coi siti che sfruttano il clickbait, sarebbe utile concentrarsi sull’educazione dei cittadini, spronarli a essere più critici, a mantenere un sano scetticismo anche nei confronti delle fonti più autorevoli e dei politici ai quali si sentono più vicini. A non smettere mai di studiare, insomma, nemmeno da adulti.