Ok diciamolo subito, questa non è solo una guida su come parlare in pubblico e convincere gli altri. In un Mondo che non sa ascoltare ci vuole più di questo, o meglio, meno. Perché il problema non è che la gente non ascolta più, è solo che è cambiato il modo di ascoltare.
Anni di Social Media e di stories ci hanno abituato a percepire e registrare in maniera differente le informazioni che riceviamo. Se poi ci mettiamo Tik Tok che ha conquistato giovani e adulti con video da 15, 30 e 60 secondi il gioco è fatto. Insomma, non importa quanto sia importante ciò che hai da dire, lo devi dire utilizzando un nuovo stile. È cambiato così tanto che persino il Papa si è scomodato a cambiare le carte in tavola, suggerendo ai sacerdoti di non far durare le prediche più di 8 minuti.
Immaginate di essere convocati in una riunione un freddo lunedì mattina. In sala ci sono almeno 30 tra colleghi e dirigenti per l’aggiornamento settimanale. Ad un certo punto il tuo manager ti chiama davanti a tutti “Cosino, ti va di aggiornarci sull’andamento dei lavori?”
Le mani iniziano a sudare freddo, il cappuccino della colazione brucia come fuoco dentro lo stomaco. Il progetto va bene, ci sono 10 diverse proposte e potresti parlare per ore. Ma…i colleghi ti guardano con estremo disinteresse e ti fanno capire che qualunque cosa dirai non avrà nessuna risonanza nelle loro orecchie.
Scenario 1, parte una drammatica serie di balbettamenti della durata di un’ora…intanto il tuo collega termina tutti i livelli di Candy Crush mentre tu provi a incespicare qualche concetto in croce
Scenario 2, segui qualche utile consiglio o magari tutti quelli in elenco:
Quando si parla in pubblico è necessario utilizzare un linguaggio chiaro e semplice evitando subordinate e giri di parole. Per molti letterati questo potrà sembrare orribile ma tranquilli non sembrerete degli ignoranti, anzi, il pubblico ve ne sarà grato. Per esempio, invece di dire “la missione della nostra Azienda è sempre stata quella di portare pace e gioia all’umanità. Ed è così che abbiamo portato avanti il progetto che stiamo per presentarvi, affinché tutti siano più felici”, provate a dire “Il Team e io portiamo avanti la missione Aziendale di pace e gioia per l’umanità anche nel progetto”. In pratica fate il riassunto di quello che direste…in fondo un video Tik Tok non è un riassunto di 15 secondi di un solo concetto?
Si pensa, si dice, si propone…queste generalizzazioni distraggono. A nessuno interessa qualcosa che non lo coinvolge in prima persona. Parlare in pubblico è un po’ come raccontare una storia. Chi sono i protagonisti e gli eroi del racconto? Fai i nomi, usa i pronomi. Invece di dire “Mi è stato riferito che il Team X è stato il migliore del mese. Facciamo partire un bell’applauso” diciamo “Luisa mi ha comunicato che voi dieci seduti lì infondo siete stati il miglior Team del mese, io propongo un applauso”.
Avete presente Fantozzi quando esclama “Per me…la Corazzata Potemkin è una cag..ta pazzesca”? Ecco è quello che intendiamo noi con pragmatismo.
Bisogna essere sinceri e diretti utilizzando parole semplici. Gli eufemismi e le iperbole appesantiscono il discorso e molto spesso travisano il senso del messaggio. Per parlare bene bisogna comunicare con semplicità disarmante. Abbandonando il flusso di pensieri e descrivendo punto per punto le cose quasi come se fosse una lista della spesa. In sostanza, parlare in pubblico in Azienda è sempre estremamente noioso. Nessuno vuole discorsi motivazionali o esaltanti il lunedì mattina. Ci si focalizza sull’obiettivo e si cerca di portarlo al termine nel più breve tempo possibile.
Parlare in pubblico vuol dire, di fatto, parlare ad un pubblico. Sono persone con ambizioni, sogni e problemi. Esattamente come chi sta al microfono. Non ci piacciono necessariamente le stesse cose e i caratteri spesso collimano.
Intercettare il mood dell’audience aiuta ad attirare la loro attenzione. Se sono in vena di scherzare bisogna fare battute. Se sono tristi e sconfortati bisogna motivarli. Non c’è una regola fissa, solo mettere in pratica tanta empatia per comprendere di cosa hanno bisogno di ascoltare e sopratutto come sentirselo dire.
Dare un senso alle parole è il secondo step dell’empatia.
Ogni parola che proferiamo ha un “senso”, ovvero mentre la pronunciamo, nel nostro cervello si produce un’immagine che ci fa vedere quella parola. Come già anticipa la psicologia, quando con altre persone usiamo termini come “casa”, “giardino” o “automobile” li usiamo consapevoli che per chi ci ascolta, quei termini avranno più o meno lo stesso senso che gli attribuiamo noi. Eppure è proprio questo “più o meno” che fa la differenza. Ogni persona infatti ha una concezione della realtà che è diversa da tutte le altre. Ognuno di noi ha avuto e avrà esperienze di vita diverse, studi e interessi differenti da quelli degli altri.
Ecco quindi che quando uso la parola “giardino” io, che sono cresciuto in campagna, intendo un vasto giardino in stile inglese pieno di rose, Luca invece che ama il calcio con il termine giardino indica i cespugli che circondano il campetto da calcio dove gioca di frequente, mentre Elisa che è cresciuta in città associa al giardino l’immagine del parchetto pubblico dove porta a spasso il suo cagnolino.
Insomma il termine “giardino” è uguale più o meno per tutti ma non è esattamente lo stesso giardino. Questo può valere anche nel commercio. Quando per esempio un’indagine di marketing riferisce che i biscotti della marca X ricordano l’ “infanzia” a gran parte del target, si potrebbe pensare che il tone of voice del prodotto dovrebbe rimandare a mondi infantili, con pubblicità familiari e delicate. Tuttavia non sapremo mai se è del tutto vero. Se io infatti all’infanzia associo il profumo di biscotti che preparava mia nonna alla domenica, Lucia potrebbe associare il dolore per la perdita del suo pesciolino rosso oppure Mario potrebbe associare episodi di bullismo ecc.
Qui non si tratta di essere pessimisti, ma di guardare la realtà a 360 gradi. Ogni parola ha un senso che può essere più o meno diverso o uguale al senso che gli attribuiscono le altre persone. Questo più o meno si allarga maggiormente se confrontiamo persone con lingue e culture differenti.