Cosa sono gli NFT e come funzionano (parte 3)
maggio 6, 2022

Continuiamo a parlare di NFT e di come funzionano, oggi esaminiamo in maniera più approfondita gli aspetti legali e le difficoltà giuridiche nella tutela del copyrigt delle opere.

Quali sono i diritti del titolare di un NFT

Quando un soggetto acquista un NFT l’unica cosa che può affermare con (relativa) certezza, è di possedere un NFT. Un non-fungible token che rimanda a “qualcosa” (un’opera d’arte, un tweet, un bel canestro di Le Bron James). Definire i diritti su quel “qualcosa” a cui rimanda l’NFT diventa complicato. Dal punto di vista giuridico, infatti, non tutti gli NFT sono uguali. La già menzionata piattaforma CryptoKitties ad esempio è specializzata nella vendita di “tweet” su blockchain Ethereum (ed ha negoziato la vendita del primo tweet di Jack Dorsey per quasi tre milioni di dollari).

Sul proprio sito Valuables precisa che l’acquisto non garantisce al proprietario alcun diritto sul “tweet” venduto. Si tratta solo della cessione di tweet “autografati” dall’autore (identificato attraverso il suo profilo twitter e il suo portafogli Ethereum). L’autore, nel vendere il tweet, si impegna a non venderlo più di una volta su Valuables così da non creare una proliferazione di copie autografate.

È evidente quindi che il tweet in sé e per sé è vendibile più e più volte ed è solo un impegno giuridico a “limitarne” la proliferazione. Se l’autore del tweet dovesse decidere di vendere due volte lo stesso tweet su Valuables evidentemente si potrebbe agire contro Valuables e l’autore del tweet. Mentre risulterebbe ben difficile agire contro Jack Dorsey se questo dovesse decidere di (ri)vendere il suo primo tweet su un’altra piattaforma concorrente rispetto a Valuables (salvo accordi conValuables) o in altre forme.

Ma anche gli NFT che trasferiscono la “proprietà” di un’opera, in realtà il più delle volte trasferiscono la proprietà su quella copia dell’opera, senza impedire la libera proliferazione della stessa sul web.

Se con un NFT si acquistassero ulteriori diritti sull’opera (es. con una cessione di diritti d’autore come quello di pubblicazione, riproduzione o di elaborazione dell’opera), questi sarebbero regolati da un contratto esterno alla blockchain (o al più datacertato su blockchain) che magari al suo interno potrebbe far riferimento alla cessione dell’NFT, ma torneremmo comunque a parlare di un contratto “ordinario” nelle forme e nelle tutele.

Impegni dell’autore e blockchain

Ciò significa che gli impegni dell’autore “accertati” nella blockchain sono unicamente quelli di cedere l’opera. Se Beeple un domani dovesse rivendere la sua opera “EVERYDAYS: THE FIRST 5000 DAYS”, variando un semplice pixel e così cambiandone l’hash, sarebbe legittimato a farlo e i rimedi per impedirglielo sarebbero solo contrattuali (è quindi imprescindibile un contratto in cui sia precisato che quello che è stato venduto non è “l’NFT contenente quella copia informatica” di “EVERYDAYS: THE FIRST 5000 DAYS”, bensì l’opera stessa) e non tecnologici.

La tecnologia blockchain ci consente di dire solamente che l’acquisto battuto in asta da Christie’s per 69 milioni di dollari costituisce la prima cessione dell’opera, non altro (e nemmeno con assoluta certezza, Beeple potrebbe aver già ceduto l’opera mille volte mesi prima, generando ogni volta hash diversi al variare di qualche minimo pixel).

Ancora, se Beeple un domani dovesse invece decidere di creare una serie di 5000 variazioni sul tema della sua opera “Everydays: the first 5.000 days”, sarebbe senz’altro legittimato a farlo. Salvo il suo contratto con la casa d’aste Christie’s o quello con l’acquirente escludano questo diritto esplicitamente. Quel che è indiscutibile, quindi, è che il mercato dell’arte sui NFT non è mosso da un sistema tecnologico inaggirabile, ma è mosso, ancora una volta e come è stato per migliaia di anni, dalla fiducia corrente fra autore e compratore.

Il problema del copyright

Un ulteriore punto critico del mercato degli NFT (che è iniziato con l’arte ma si sta spostando su settori sempre più disparati, così finendo per forzare i meccanisimi guridici che regolano le transazioni relative alle opere d’arte) è quello del diritto d’autore.

Innanzitutto in un mercato globale e non regolamentato come quello degli NFT è facile immaginare che i casi di violazione di copyright siano all’ordine del giorno (specie quando non si tratta delle transazioni milionarie che guadagnano i titoli dei giornali), nonché che sia difficile ottenere tutela specie a livello transnazionale, con le difficoltà di un recupero transfrontaliero di un risarcimento dovuto e con i conflitti fra normative in tema di diritto d’autore a complicare ulteriormente il quadro (specie se il trasferimento dei diritti non è chiaramente regolamentato e comunque non è incluso nell’NFT).

È difficile poi nel mercato dell’arte digitale non parlare di opere derivate da altre opere, di rivisitazioni, di contaminazioni. Queste spesso creano opere d’arte che sono un vero e proprio incubo quando si tratta di ricostruire gli affastellamenti di diritti d’autore che vi si sovrappongono.

In questo senso è significativo l’esempio dell’NFT che verrà bandito all’asta da Christie’s e “creato” dalla modella e attrice Emily Ratajkowski. Nel decidere quale opera inserire in uno smart contract, la Ratajkowski ha optato per una fotografia che la ritrae davanti ad un dipinto (realizzato da un terzo e di cui la modella possiede una copia) che a sua volta riproduce un post del profilo Instagram della Ratajkowski, il quale riporta una fotografia della modella realizzata per Sports Illustrated.

L’esempio giuridico

La provocazione che questo NFT rappresenta è tutta giuridica e pone il problema se la Ratajkowski può legittimamente cedere quello che di fatto è un semplice codice hash di una immagine. Sebbene non detenga tutti i diritti relativi all’immagine stessa (con riguardo alla quale potrebbero vantare diritti Sports Illustrated, il fotografo della rivista, il pittore che ha realizzato un quadro dal post Instagram, nonché il fotografo che ha fotografato la modella creando così l’”opera collettiva” che è divenuta NFT).

Per il futuro degli NFT è quindi essenziale chiarire che cosa sia l’opera compravenduta e se l’oggetto dell’NFT sia semplicemente un codice hash, o un link, o l’opera digitale a cui i precedenti riferimenti rimandano o, infine, alcuni o tutti i diritti sull’opera stessa. Da un altro punto di vista va poi considerato che spesso, nel vendere un NFT, l’autore concorda con l’acquirente di ottenere una percentuale su ogni successivo trasferimento del bene, patto che poi si “trasferisce” di acquirente in acquirente.

A livello economico questo è uno di punti di forza più interessanti di questo mercato tech, ed è uno dei tratti non immediatamente percepibili che ne sta determinando il travolgente successo dal lato dell’offerta. L’impossibilità di negoziare un NFT senza passare da un libro mastro condiviso (blockchain) garantisce massima trasparenza per gli artisti. Infatti non devono preoccuparsi troppo del prezzo di vendita iniziale dell’opera, potendo poi profittare dei successivi “passaggi di mano” della loro creazione e guadagnare in proporzione all’eventuale aumento del valore del bene.

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