Dark Social: tutto quello che non puoi misurare - Hydrogen Code
aprile 18, 2017

Di sicuro avrete sentito parlare di Deep Web e Dark Web, ma cosa si intende per Dark Social? Il nome, usato per la prima volta da Alexis Madrigal, fa erroneamente pensare a qualcosa di poco etico o poco legale. Proprio come il Dark Web, quella sezione non tracciabile di Internet usata da attivisti per supportare la loro causa e da delinquenti per vendere beni illegali.
In realtà quando si parla di Dark Social ci si riferisce a un insieme di azioni lecite ma difficilmente tracciabili da chi analizza gli Insights. Avete un link e lo mandate via WhatsApp o email a un amico? Ecco: state a tutti gli effetti operando nel Dark Social. Il webmaster del sito vedrà che qualcuno ha letto un articolo, ma non saprà se lo ha scoperto tramite un post sui social, una particolare ricerca, suggerimenti di amici o via dicendo.

Perché Alexis ha sentito il bisogno di dargli un nome? Perché nel suo caso, stiamo parlando del sito The Atlantic, ai tempi rappresentava una fetta considerevole del traffico del sito per cui lavorava: ben oltre il 50%. Praticamente, oltre metà del traffico era impossibile da valutare: come erano arrivati a quel link? Con che chiave di ricerca? Attraverso quale condivisione? Per chi vuole identificare e comprendere al meglio il proprio pubblico, non avere a disposizione questi dati è un limite importante. Lo era per Alexis e lo è oggi per chiunque operi nel web: capire da dove arrivano i clienti, districarsi nel complesso intreccio di condivisioni, aiuta a scegliere con più oculatezza su quali canali puntare gli investimenti e quale tono di voce usare nella comunicazione.

Diciamo subito che non ci sono soluzioni al problema: non esiste un software che magicamente dà accesso a dati aggiuntivi. Possiamo prendere alcune precauzioni per spingere gli utenti a condividere in maniera a noi più congeniale, aggiungendo alla fine di ogni articolo le tipiche icone per la condivisione. In questa maniera, basterà un click e chi visita la pagina potrà girarla comodamente via Facebook, Twitter, WhatsApp e via dicendo, lasciando a noi una traccia misurabile.  

Per quanto possiamo semplificare la vita agli utenti, una parte continuerà a usare i vecchi metodi, vuoi perché si trova bene, vuoi perché meno avvezzi alla tecnologia o ancora legati al copia e incolla. Non ci resta quindi che armarsi di pazienza e cercare di sfruttare un po’ meglio gli Analytics di Google per filtrare questi dati al meglio. Come? Andando a creare un segmento che tiene conto di tutto il traffico diretto verso il sito, dal quale escluderemo chi approda all’home page per concentrarci su chi approda direttamente ai contenuti. Questo segmento di traffico rappresenterà le condivisioni tramite Dark Social e, sebbene offra meno granularità e precisione rispetto agli altri dati proposti da Analytics, potrà offrire preziose indicazioni. Trovate una guida passo passo qui.