Negli Stati Uniti la battaglia elettorale si fa sempre più accanita e Donald Trump, a dispetto delle tante critiche, sta riscuotendo un notevole successo, tanto da avere più di una chance. Una possibilità che spaventa molti americani, compreso il fondatore di Facebook e i suoi dipendenti. Il tema è tanto sentito che – come riporta Gizmodo – in un questionario interno all’azienda alcuni dipendenti hanno posto una domanda peculiare: “cosa dovrebbe fare Facebook per evitare che Trump diventi presidente nel 2017?”. Si tratta solo di una discussione interna ma le successive dichiarazioni anti-Trump di Zuckerberg durante F8, la conferenza annuale organizzata da Facebook, hanno lasciato tutti un po’ a bocca aperta. Nel 2008, del resto, l’uso dei Social Network aveva consentito a Obama di avere la meglio sui suoi avversari, ancora legati a una campagna tradizionale. Non c’era stato il supporto diretto di Facebook o Twitter ma la scarsa presenza degli altri candidati sui Social ha determinato il successo di Obama. Ora che tutti i candidati sono presenti sui canali digitali, non è così assurdo pensare che l’essere supportati o meno da un colosso come Facebook possa cambiare le carte in tavola.
È certamente lecito che un personaggio del calibro di Zuckerberg esprima la sua opinione politica così come lo è chiedersi se davvero Facebook potrebbe avere un ruolo nel guidare l’opinione pubblica. Tecnicamente, basterebbe pochissimo. Piccoli ritocchi all’algoritmo sarebbero sufficienti per modificare la visibilità e le diffusione dei post inerenti a Trump e alla sua campagna, con le conseguenze che è possibile immaginare.
Facebook non è un servizio pubblico e non deve rispondere a criteri di equilibrio come, per esempio, la nostra RAI. Ciò che è altrettanto certo è che la maggior parte delle informazioni oggi viene veicolata attraverso i Social Network, e Facebook è per ora il più influente. Che un’informazione possa quindi essere veicolata in modo differente a seconda del grado di “simpatia” di un personaggio o delle scelte “editoriali” di un Social Network è dunque destabilizzante.
Con l’avvento dell’Era Digitale non sono stati definiti standard o sistemi di reputation o fact checking delle notizie, adottati a livello globale. Ogni azione è lasciata all’arbitrio di chi scrive e di chi, poi, legge. Quando leggiamo un articolo pubblicato su un quotidiano schierato, siamo a conoscenza della linea politica ed editoriale del giornale e possiamo tenerne conto nella nostra valutazione. Facebook, di contro, non ha una posizione netta ma è fondamentalmente un editore e ha un’influenza notevole sull’informazione, veicolando le opinioni personali così come quelle dei più importanti organi di informazione mondiale.
Sappiamo che prende finanziamenti (simili in termini di importi) da entrambi gli schieramenti politici così come conosciamo l’opinione che Zuckerberg ha di Trump, ma ufficialmente il Social Network più grande al mondo non ha mai espresso un’opinione in merito alla questione. Si professa agnostico sul tema, cosa che Zuckerberg ha ribadito quando è stata diffusa la scomoda notizia del poll interno: “Come azienda siamo neutrali – non abbiamo mai provato, ne proveremo, a usare il nostro prodotto per cercare di influenzare come la gente vota”.
La risposta è certo molto fredda e sembra voler troncare il dibattito sulla questione. Che fosse quindi un semplice esercizio di stile quello proposto dai dipendenti di Facebook?