In passato, la campagna elettorale sui social serviva davvero. Basti ricordare la rimonta di Salvini guidato dal suo Social Media Manager di ferro e il lavoro condotto dai Pentastellati per essere il primo partito interamente web-dedicato.
Oggi a quasi quattro anni dalle scorse politiche le cose sembrano essere molto diverse. Il primo mese di campagna elettorale è terminato e i social iniziano a rivelare i primi dati, vediamo come va.
Il primo ostacolo da superare quest’anno non è PER CHI votare ma COME farlo. Ancora non lo abbiamo capito bene neanche noi, eppure è il primo elemento che andrebbe spiegato ai cittadini, sopratutto sui social. Conoscere gli strumenti di voto agevola di gran lunga la possibilità di interazione con i propri follower. Per creare una community infatti, servono persone tanto appassionate quanto informate sugli argomenti trattati. Tutto ciò al fine di creare proselitismo e aggregazione con gli utenti esterni al gruppo…ma ciò non avviene e i dati parlano chiaro.
Vincono gli astenuti
A fare da capo fila al popolo degli utenti iscritti alle pagine dei nostri rappresentanti politici è quello degli indifferenti. Parliamo in media del 60% di follower che non interagiscono con le pagine e i post. Ci sono politici che arrivano anche fino a 5 milioni di follower, eppure di quei milioni solo il 40% o meno è un utente attivo (tra i supporter e i critici).
Gran parte di questo può essere dovuto alla sfiducia nei confronti della politica. Al fatto che dopo una pandemia, una guerra e l’ennesima crisi economica la gente sia stufa di ascoltare discorsi politici e vuole risposte efficaci. Eppure c’è qualcosa che ci fa sospettare altro…ovvero che la gente non sia disinteressata alla politica ma che sia diversamente interessata ad essa.
Se analizziamo attentamente i dati delle pubblicazioni social dei maggiori esponenti politici italiani i numeri parlano chiaro. In media i post che hanno ricevuto una copertura maggiore sono stati gli “auguri di Ferragosto” espressi più o meno da tutti gli esponenti dei partiti. In questo caso i loro post hanno visto un’impennata di like e condivisioni di quasi il 60% in più rispetto a post che trattano temi economici e di politica estera/interna.
Detto ciò sembra incomprensibile che la gente non segua più i propri esponenti se non per due semplici ragioni:
L’alto tasso di invisibilità dei nostri politici ci fa quindi riflettere sulla poca rilevanza che oggi i social hanno nel dibattito politico, dibattito che, ricordiamo, è condotto in larga parte dalla popolazione tra i 45 e gli 80 anni.
Dunque se persino i Social Media Manager di ferro pagati da molti partiti non riescono più a fare grandi numeri, vuol dire che portare avanti una pagina in organico, trattando temi seri o seriosi, è inadeguato ai tempi attuali.
Insomma, è finita l’epoca doro per le pagine Twitter e Facebook che fino a qualche anno fa erano in grado di pilotare il pensiero politico di un’intera Nazione. Questo potere, per ora, lo hanno solo Chiara Ferragni e pochi altri…e comunque sempre su Instagram e TikTok (popolati in larga parte da minorenni non elettori).
In realtà la risposta è NO, o meglio, non solo.
Ci sono diversi elementi da tenere in considerazione.
Siamo ancora all’inizio di una campagna elettorale partita in pieno agosto. Sarà da settembre in poi, dopo il ritorno di massa dalle ferie, che gli animi si inizieranno a scaldare. Solo allora vedremo i politici fare sul serio, magari investendo anche di più nella comunicazione social.
Il classico “Vota Antonio” di Totò ormai ha cambiato abito. Lo slogan politico è da millenni il cavallo di battaglia delle elezioni e i social non sono da meno. Oggi gli slogan si sono rinnovati e si trasformano in meme. Facili, veloci ed orecchiabili, fino al mese scorso costituivano una delle assi portanti della comunicazione di destra. Tuttavia oggi anche la sinistra adotta questo linguaggio più sminuente per quanto riguarda gli argomenti di un certo peso, ma che certamente fa più presa sul pubblico.
È di pochi giorni fa l’uscita della nuova campagna del Partito Democratico dal titolo #Scegli, dove il Segretario Letta si è sbizzarrito con un meme multi soggetto del tutto innovativo per la sinistra.
Ovviamente, come ogni meme che si rispetti non sono mancate le risposte altrettanto divertenti di politici e brand
Il meme pizzica le persone in pochi secondi e le rende edotte di un tema più o meno importante nel giro di uno swipe, il tempo utile per comunicare su queste piattaforme. Questa è buona politica? Non lo sappiamo. Di sicuro è come la politica oggi viene interpretata sui social.
Vi sentite più influencer o più presentatori tv? Si, perché in molti casi l’età delimita anche il modo e lo stile con il quale il politico si presenta al pubblico. Generazioni diverse hanno linguaggi diversi, a volte contrastanti. Il segreto sta nell’essere il più naturali possibili. Sentirsi a proprio agio in un dibattito politico, parlando la propria “madrelingua” ispira fiducia e le forzature potrebbero risultare spesso inadeguate, per non dire imbarazzanti. Gli esempi positivi arrivano da due politici estremamente diversi (almeno all’anagrafe) che hanno saputo cogliere le potenzialità del linguaggio loro proprio, adeguato al target di riferimento.
Sembra strano guardare un video in 16:9 dal proprio telefonino. Inoltre la precisione dei dettagli appartiene al linguaggio televisivo e non a quello dei social. Il video è in un salotto in stile Mediaset, col trucco, il parrucco, le luci e tutto il resto. Oggi diremmo che il risultato è un po’ cringe ma…è Berlusconi, è cresciuto così, questo è il suo modo di comunicare e facendo così anche sui Social evita di tradire sé stesso.
Discorso completamente diverso per Matteo Renzi che all’artificiosità anni ’90 preferisce il naturalismo dei vlog contemporanei. Ci parla attraverso delle stories, senza un fondale preciso, niente trucco e tanta spontaneità.
Che piacciano o no, parliamo di due politici che sono stati in grado di rimanere fedeli al proprio linguaggio, comunicando bene e in maniera precisa al loro target di riferimento. Voi che linguaggio preferite?
Ultima ma non per importanza è la ben temuta crisis management, con la quale gran parte di noi ha a che fare quotidianamente sui social. Gestire una crisi, una shit storm, è la cosa più utile e delicata per sopravvivere su questi canali, specialmente se si è un personaggio pubblico. In politica, si sa, la macchina del fango è sempre attiva ed è normale che i propri avversari siano sempre in agguato per percepire ogni piccola parola detta dall’avversario per ritorcerla contro.
Non c’è da aver paura, come insegnano i guru dei social durante le shit storm, qualsiasi cosa venga detta contro l’utente, bisogna restare calmi, respirare ed evitare di alzare il tono. Se gli animi si accendono, il gioco è fatto, si ottiene quello che gli haters volevano, la rabbia.
Un buon lavoro è stato fatto da Giorgia Meloni, che nelle scorse settimane è uscita con un post del tutto inedito nel mondo della politica. Alle accuse di essere una detestatrice dell’obesità, considerata come devianza (opinione espressa in questo video), lei risponde così
La risposta è chiara, “mi si accusa di essere un mostro, invece vi faccio vedere che sono un essere umano anch’io“. Si tratta di una rivoluzione del linguaggio politico, mai nessuno si era spinto a tanta intimità. Meloni ha ribaltato ogni elemento rigido della politica e ha portato sui social le fragilità e l’umanità delle persone che ama. Esattamente come molti di noi fanno ogni giorno.
Come sempre non sta a noi valutare se questo sia politicamente giusto o meno. Dobbiamo però riconoscere che quello di Meloni è stato un gesto completamente nuovo e che potrebbe portare a sviluppi futuri della comunicazione istituzionale del tutto innovativi e inaspettati per il nostro Paese (sia a destra che a sinistra). Ci terremo aggiornati…
Insomma in conclusione la campagna elettorale alla fine del suo primo mese, si è rivelata un totale fallimento a livello di comunicazione digitale, non solo dal punto di vista politico ma sopratutto dal punto di vista di Media Managing.
Le risorse necessitano di rinnovarsi e di comprendere meglio su quali target puntare. Senza paura di ammettere che la Politica è ben altro da una pagina social. Si tratta di uno scontro e di un confronto quotidiano con i cittadini e le istituzioni. Questo sì necessita di un luogo fisico, lontano dai meme e vicino alla complessità del nostro Paese che non può essere sintetizzata con un post sui social.