Trasformazione digitale: cosa è indispensabile? - Hydrogen Code
ottobre 11, 2017

 

“La Via risiede nella giusta respirazione, in cui non trova posto la vanità dei pensieri,

e implica il non soffermarsi su pensieri inutili.” (Hagakure)

 

Abbiamo già visto come oggi essere un’agenzia che tratta consulenze di digital marketing significhi, molto spesso, svolgere anche la funzione di tutor per quelle realtà che non hanno ancora effettuato la loro trasformazione digitale. Purtroppo spesso, fra gli addetti ai lavori che si occupano dei campi più innovativi, la digital trasformation viene data per scontata, e le aziende che non hanno ancora effettuato il passaggio sono considerate, a torto, retrograde.

 

A volte le ragioni che si celano dietro questo ritardo, reale o percepito che sia, sono più ampiamente giustificate. Per un’agenzia o per un qualsiasi specialista di comunicazione digitale o di qualsiasi altro settore dell’innovazione basterebbe saper ascoltare i propri interlocutori per comprenderli a fondo e capire che, in alcuni casi, è mancata l’opportunità o la possibilità di fare un buon lavoro. Negli anni di esperienza maturata da Hydrogen, ci siamo resi conto che le aziende che non hanno ancora abbracciato la trasformazione digitale, quasi sempre lo hanno fatto per due principali ragioni. Ecco le due frasi che in diverse forme e con qualche piccola variante abbiamo sentito più spesso:

  • “Non abbiamo un piano di trasformazione digitale perché è troppo complesso”
  • “Non abbiamo un piano di trasformazione digitale perché non vediamo i vantaggi [perché non troviamo nulla di realmente utile]”

Alla prima frase abbiamo dedicato un intero capitolo,mentre la seconda merita di essere affrontata, partendo da un tema tanto caro alla Rete: i falsi miti.

 

Trasformazione digitale: i falsi miti da sfatare

Nel mondo delle consulenze è fin troppo facile imbattersi in realtà o persone che hanno una propria lista di soluzioni, servizi, prodotti “indispensabili”, “irrinunciabili”, “da avere assolutamente”. Questo costume è figlio di due vizi, una delle poche eredità che anche il digital marketing e la comunicazione digitale hanno ereditato dal vecchio mondo. Il primo è un peccato veniale, ovvero la voglia di vendere di più e guadagnare di più. Il secondo, più grave, ha a che vedere con la poca capacità di innovare (nel senso più radicale del termine) e mettersi in discussione.
In poche parole, è molto più semplice vendere un “pacchetto” già pronto rispetto al pensare un piano di trasformazione digitale, o un qualsiasi prodotto innovativo, su misura per il nostro interlocutore. Questa serializzazione dell’offerta purtroppo ha fatto, e sta facendo, la sfortuna di molte aziende, PMI in particolare, che nell’affrontare la trasformazione digitale si sono trovate con soluzioni prefabbricate, che non erano realmente pensate per loro. Purtroppo si tratta di un vizio che coinvolge tutti, dai grandi gruppi che vendono basilari piani ci rinnovamento e comunicazione in massa, fino alle piccole agenzie. Quasi sempre le aziende che non hanno trovato o non vedono vantaggi nella transizione digitale hanno avuto a che fare con un piano innovazione o con un prodotto di questo tipo.

La realtà è che, come sempre e in particolare in Italia, le soluzioni “universali” funzionano malissimo. Vediamo nel dettaglio alcuni di questi miti, e la loro spiegazione.

 

Con una connessione a banda larga la trasformazione digitale è fatta per metà

Prima di tutto bisognerebbe stabilire quale sia il significato di banda larga, visto che in Italia la situazione non è affatto rosea: il 40% della penisola è coperto a 30 Megabit e appena l’11% a 100 Megabit.

http://bandaultralarga.italia.it/mappa-bul/

 

 

Al di là di questo aspetto, l’idea che “basta collegarsi a Internet” per essere a metà dell’opera nella trasformazione digitale è decisamente un mito. Una buona connessione è necessaria ma non è affatto sufficiente, per rispolverare un concetto caro alla logica che si studia nelle scuole. Certo, senza una buona connessione si fa poco. Ma una volta effettuato questo passo è indispensabile sfruttarlo, per esempio iniziando una strategia di digital marketing in cui siano compresi anche alcuni social network – scelti con attenzione e cura e usati nel modo giusto – o anche solo utilizzando strumenti di comunicazione digitale come il VoIP e la messaggistica istantanea, per comunicare meglio e più rapidamente con i clienti.

Un esempio leggero: se abbiamo un piccolo esercizio commerciale in una zona turistica isolata (che in Italia tipicamente significa in montagna), quasi sicuramente decine di nostri potenziali clienti vorranno sapere che tempo fa prima di partire. Con una webcam da poche decine di euro possiamo mostrargli la situazione in tempo reale e non è nemmeno necessaria la banda ultralarga: si può fare anche con un modem mobile o con una connessione antiquata, eppure i clienti apprezzeranno. Insomma, essere connessi a Internet non basta: sarebbe come allacciarsi alla rete elettrica senza aver pensato ai macchinari da collegare. Cosa che ci porta direttamente al secondo mito.

 

Senza sito Internet la tua azienda non esiste

Un altro concetto molto sfruttato dai commerciali e preso in prestito da diversi discorsi di celebri speaker, che però è stato decisamente stravolto. La prima domanda che ogni azienda o imprenditore dovrebbe essere aiutata dalle agenzie a farsi è cosa voglio o posso dire attraverso il sito?”. Anche in questo caso, è necessario elaborare il concetto, spiegandoci: il sito web aziendale è davvero indispensabile solo per le realtà che hanno già una certa “maturità digitale”, che sanno come muoversi e come sfruttarlo.
La filosofia che abbiamo scelto come agenzia, la crescita progressiva e comune insieme all’azienda di cui curiamo la strategia, sfocia quasi sempre anche nello sviluppo e la creazione di un sito per l’azienda – questo è vero – ma si tratta di una evoluzione, di un passaggio naturale, il cui punto di ingresso non è quasi mai definito. Per alcune realtà, per esempio, si può iniziare da una pagina su un social network o da una semplice forma di presenza su altre piattaforme. Oggi ci sono decine di modi altri per far esistere una realtà online: pagine social, siti di vendita, Google Places, mappe specializzate. Nella maggior parte dei casi, chi inizia con uno di questi servizi e lo usa con successo, a un certo punto sentirà il bisogno di un sito Internet, perché i servizi che usa sono diventati stretti e poco adeguati. Questo è un successo, perché significa che la trasformazione digitale sta portando i suoi frutti e l’azienda sta “crescendo” in Rete in modo naturale ed efficace. Insomma, avere un sito Internet sarà indispensabile a un certo punto della vita digitale dell’azienda, ma quel momento potrebbe non essere ora.

Pro tip: Sito Internet e connessione non sono “collegati” in alcun modo, se non commercialmente. Anche se è vero che ci sono grosse aziende che vendono pacchetti “tutto incluso”, dal punto di vista tecnico non serve avere una connessione per avere un sito e non serve avere un sito per avere una connessione. Quindi, possiamo anche comprare tutto da fornitori diversi, anche se la cosa migliore è farci seguire da un’azienda o un consulente che non abbia legami con aziende o prodotti particolari: ci consiglierà davvero quello che è meglio.

 

Bisogna inseguire tutte le novità per avere successo nel digitale

Fra tutte le fandonie dette dagli zeloti dell’innovazione, questa è senza dubbio la più dannosa. Perché le novità sono un’ottima cosa ed è vero che le aziende che hanno scelto di essere pioniere quasi come missione spesso ne hanno visto i vantaggi. Ancora una volta, però, non è una formula magica applicabile in tutti i campi.

Se nella comunicazione può avere l’effetto collaterale minore, cioè quello di far perdere all’azienda tempo e risorse, nel campo delle attività produttive può creare disservizi che si protraggono per mesi, in particolare se ci sono in gioco attività produttive.

Oggi, nel 2017, buona parte delle aziende che hanno un approccio super-conservatore nei confronti della trasformazione digitale hanno avuto un tentativo di innovazione andato male. Anche in questo caso tuttavia il mito ha un fondo di verità: inseguire le innovazioni a ogni costo è male, mentre tenere gli occhi aperti sulle novità è indispensabile. Chiariamoci: di trenta servizi, prodotti, innovazioni che vedremo nascere e che ci verranno proposti come indispensabili forse uno lo sarà davvero. Ma quell’uno potrebbe costituire davvero un’opportunità.
L’importante è farsi consigliare bene e non dimenticare mai buon senso e pragmatismo nelle valutazioni. Soprattutto, le aziende devono imparare a fidarsi della loro esperienza nel proprio settore e fare loro un concetto fondamentale: quando il digitale complica le cose invece di semplificarle vuol dire che la soluzione o il servizio non sono adeguati o non sono stati sviluppati a modo. E la colpa è quasi sempre di chi ci ha venduto il servizio, che ci ha consigliati male o ha sviluppato le cose in modo trascurato. Certo, ci possono essere anche resistenze interne, come dipendenti o collaboratori molto conservatori, ma la capacità di un imprenditore in fondo è anche quella di cogliere problemi e malumori.

 

I “segreti” della trasformazione digitale? Non esistono

Abbiamo visto tre dei più comuni falsi miti della digital transformation, naturalmente si tratta di esempi piuttosto semplici e “basilari”, ma siamo certi che non poche realtà ci si sono ritrovate. Ci sono serviti soprattutto per spiegare due concetti fondamentali: il primo è che anche per la trasformazione digitale non esistono “formule magiche” o soluzioni universali. Il secondo è che, per converso, fare un buon lavoro con la trasformazione digitale è sempre possibile. L’unico vero trucco è farlo basandosi sui bisogni reali, e non su quello che potrebbe o dovrebbe servirci secondo standard pensati per altri.

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