L’Ucraina è in guerra, anche se non ce lo aspettavamo. Una guerra informale, in altri tempi sarebbe stata considerata “guerra lampo”, una via di mezzo tra una violenza e un’aggressione vera e propria. Oggi questo concetto è inconcepibile. Non distinguiamo guerre soft da guerre hard. La guerra è guerra. Un’azione militare combattuta sul campo e sui Social, così come avviene ormai da anni. Ci sono manifestazioni di supporto e fake news, come sempre. Facciamo le guerre senza armi, seduti sulle nostre scrivanie.
La mattina del 24 febbraio scorso l’Europa si è svegliata con la consapevolezza che tutto d’ora in poi sarebbe stato diverso. Di nuovo. Dopo anni di pandemia. Ancora paura.
Nel 2020 corremmo allarmati sui nostri profili social in cerca di risposte, di conferme e di informazioni. Per non parlare della tv… L’angoscia generata dal non sapere cosa stesse succedendo ci ha trascinati verso i nostri feed nella speranza di sapere cosa fare, di conoscere quando tutto sarebbe finito. Siamo stati trascinati in un vortice complicatissimo di informazioni dove spesso la verità si è confusa con la menzogna, generando ancora più ansia.
Per l’Ucraina lo scenario si sta ripetendo nel bene e nel male. Manifestazioni di supporto incontrano meme e fake news. È tornato quel turbinio irrefrenabile che rischia di portare ancora più angoscia.
Lo scenario di crisi, come quello di una guerra, è già di per sé un evento instabile. Difficile da razionalizzare. Le voci dei giornalisti si mischiano con quelle delle bombe e si fa fatica a comprendere l’evoluzione di un evento. È necessario allora restare calmi e provare a fare un lavoro paziente di sintesi di tutte le informazioni che arrivano. Ci sono le armi, le bombe ma l’ Ucraina è in guerra tra supporto e fake news e la colpa è anche un po’ nostra.
Iniziamo dalle cose positive. Social e brand hanno risposto immediatamente alla crisi in Ucraina con azioni belle e esemplari, andiamo a vedere quali:
Ha bannato tutte le ads in Ucraina e Russia, etichettando i contenuti provenienti da media controllati dallo Stato Russo. Questo per dare spazio a contenuti informativi necessari alla popolazione ucraina.
Ha oscurato la geolocalizzazione degli ucraini, bloccato l’accesso dei media russi alle ads e bannato Google Pay e Apple Pay dai sistemi di molte banche russe.
Ha istituito una task force dedicata al fact-checking dei contenuti dei media russi e bloccato loro la possibilità di fare ads e monetizzare. inoltre ha aggiunto una modalità di sicurezza extra per gli account ucraini.
Ha ristretto l’accesso ai canali dei media russi in Ucraina, ha sospeso la loro monetizzazione e diminuito la presenza dei raccomandati. Si tratta di un modo per difendere gli ucraini dallo storytelling russo riguardo la guerra? Probabilmente si, dato che la richiesta è arrivata proprio dal governo ucraino.
Ha ristretto l’accesso ai contenuti per gli utenti che si collegano dalla Russia. Entrando sulla piattaforma, infatti, un pop-up mostra un messaggio di supporto per l’Ucraina.
Veniamo ora alla parte dolente. Le fake news sia russe che europee hanno iniziato a circolare sin dal primo giorno di ostilità. A volte si tratta di notizie errate diffuse in buona fede a causa della tipica confusione che si genera durante una guerra (come l’esempio della falsa notizia dei militari uccisi sull’Isola dei Serpenti), altre sono state costruite ad hoc dai soliti leoni da tastiera.
Circola dal 25 febbraio e mostra un attacco aereo a Kyev. Il video da 18 milioni di visualizzazioni, è stato pubblicato dall’account ufficiale del Ministero della Difesa Ucraino. Il videoclip, però, è stato verificato dalla BBC ed è risultato essere il filmato di un videogioco (Digital Combat Simulator World).
Il video virale su TikTok è stato visto oltre 28 milioni di volte. Mostrerebbe dei paracadutisti russi che scendono su suolo ucraino. In realtà è del 2015 e appartiene ad una esercitazione militare russa effettuata in quell’anno. È anonimo l’autore del primo re-post.
Il motivo drammatico del supporto di alcuni russi alla guerra di Putin sta proprio nelle fake news che lo stesso leader ha diffuso sui suoi social. Si tratta di accuse false mosse al governo ucraino. A partire da quella di genocidio nelle terre contese, diventato così pericoloso da rendere l’invasione “necessaria”. La scorsa settimana, inoltre, il direttore delle notizie di RT – una delle principali rete televisive russe – ha affermato in diretta, senza prove, che l’esercito ucraino stava progettando di lanciare gas sui civili. Ad oggi, nulla di tutto questo è successo.
“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa”, recita la nostra Costituzione. Mai come oggi queste parole restano un monito delle madri e padri costituzionalisti che la guerra l’hanno fatta per davvero. Questo cosa comporta? Comporta fare la figura dei deboli davanti agli arroganti di turno. Comporta non alzare la voce. Comporta farsi prendere in giro.
Ma allo stesso tempo vuol dire soccorrere chi è in difficoltà, applicare sanzioni, cercare vie diplomatiche alla risoluzione.
Sui Social Media la guerra la stiamo combattendo anche noi e l’ Ucraina è in guerra tra supporto e fake news. Si tratta di una guerra senza armi ma estremamente rumorosa. Una guerra fatta di post, hashtag e bandierine ucraine sulla foto profilo. Perché è questo il senso della pace. Apparire come degli sfigati davanti agli oppressori e operare da eroi davanti a chi è oppresso.
Combattiamo insieme una battaglia buona, pulita e umana. Facciamolo evitando di postare le fake news. Portiamo pazienza e verifichiamo le nostre fonti, cerchiamo in tutti i modi di misurare pienamente le nostre parole, postiamo elementi utili e buoni. È questa la nostra chiamata alle armi.